L’articolo 27 della nostra Costituzione è lapidario: la pena deve tendere alla rieducazione del condannato. Una sanzione, non una vendetta, che deve offrire la possibilità di un reinserimento a pieno titolo nella società, una volta scontata la condanna stabilita dalla magistratura. Per questo, occorrono strumenti concreti, atti da dare una reale consistenza a quel pur chiaro dettame costituzionale, che da solo non potrebbe che restare una pur nobile enunciazione scritta sulla carta.
Lo studio è uno strumento fondamentale per il recupero della propria vita una volta fuori dal carcere: e oggi, al di là dei corsi scolatici, sono una settantina i detenuti che seguono corsi di laurea nei penitenziari del capoluogo piemontese e della cittadina ai piedi del Monviso. Tuttavia, fondamentale è anche garantire la possibilità di inserimento lavorativo a chi sceglie di laurearsi dietro le sbarre. Va in questo senso il rinnovo del Protocollo Musy per il reinserimento lavorativo degli studenti universitari detenuti presso i Poli universitari nelle carceri di Torino e Saluzzo (CN).
A Palazzo Civico, questa mattina, il documento è stato siglato da una molteplicità di soggetti istituzionali: oltre alla Città di Torino (con la vicesindaca Favaro e l’assessora Pentenero), i responsabili dei penitenziari di Torino e Saluzzo, La Fondazione Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo (con il presidente Marco Sisti), l’Università di Torino rappresentata dal professor Franco Prina, la Città di Saluzzo con il sindaco Mauro Calderoni, i Garanti delle persone private della liberà della Regione Piemonte (Bruno Mellano), della Città di Saluzzo e della Città di Torino (Monica Cristina Gallo), il presidente di SMAT SpA Paolo Romano e il Fondo Alberto e Angelica Musy, rappresentato da Angelica Corporandi D’Auvare , vedova del consigliere comunale Alberto Musy, il quale fu vittima di un’aggressione a mano armata nel cortile della propria casa, dieci anni fa. Presente in sala anche il presidente della Commissione legalità della Città di Torino, Luca Pidello.
Il Protocollo firmato oggi prevede che siano destinate borse lavoro a persone detenute che abbiano conseguito la laurea durante la reclusione, per facilitarne il reinserimento lavorativo. Ciascuno, è stato spiegato, farà la propria parte. La Città di Torino, in particolare, favorirà l’avviamento di tirocini verso le proprie società partecipate ,a partire da SMAT che, oltre a ospitare tirocini nelle proprie strutture, procederà alla collocazione lavorativa delle persone, fornendo anche referenze sul lavoro svolto.
Il progetto è ora più articolato e strutturato, ma non nasce oggi. Il primo accordo per la formazione universitaria nel carcere torinese risale al 2007 e l’adesione del Fondo Musy data al 2014.
“Questo accordo” ha spiegato Monica Cristina Gallo dopo la firma del documento “testimonia come sia possibile e doveroso perseguire il cammino del reinserimento e della tutela dei diritti delle persone detenute. Un documento rafforzato e più esteso rispetto alle edizioni precedenti che riconosce e supporta concretamente i percorsi dei detenuti e delle detenute, attribuendo inoltre ai Garanti un importante ruolo di sostegno alle azioni previste.”
Claudio Raffaelli