La Sala Colonne di Palazzo Civico ha ospitato, questa mattina, la presentazione della Relazione annuale della Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Torino. Prima della Garante sono intervenuti per i saluti istituzionali la presidente del Consiglio comunale e il sindaco. Se la presidente ha posto l’accento sulla necessità di superare l’effetto acquario con il quale di solito ci si approccia alle persone detenute e che fa ritenere il carcere un’esperienza a se stante che non dialoga con l’esterno, il sindaco ha invece ribadito la volontà dell’Amministrazione di mantenere alta l’attenzione sulla condizione di vita nelle carceri e sull’utilità che un percorso rieducativo e la riduzione del pericolo di recidiva del reato possono avere nell’ambito di una visione integrata e complessiva della sicurezza nella nostra città. Quindi, l’intervento della Garante Monica Cristina Gallo, è servito a focalizzare gli argomenti più urgenti di una relazione che la stessa Garante ha definito una riflessione articolata, accompagnata da una raccolta puntuale di dati, per ricomporre una realtà complessa con l’obiettivo di fornire spunti al dibattito pubblico e migliorare i vari contesti di privazione della libertà nella nostra Città.
Nel presentare la relazione, la Garante ha chiarito che nel 2021, nonostante i problemi legati alla pandemia, non è diminuita l’attenzione del suo Ufficio verso la salvaguardia dei principali diritti della popolazione detenuta, come dimostrano i colloqui confidenziali che hanno superato la soglia dei 600, con un incremento del 63% rispetto al 2020, e l’aumento del numero delle visite di monitoraggio alle strutture, con attenzione particolare agli spazi della reclusione ancora troppo spesso degradati e anonimi e dove la cella resta l’unico luogo del tempo carcerario, di giorno e di notte. Non si devono interrompere le relazioni con chi sta scontando una condanna, problema particolarmente sentito al Lorusso e Cutugno, costruito lontano dal centro urbano e con un’area perimetrale circondata da grandi spazi vuoti che non aiutano le relazioni come capita invece in altre carceri italiane quali il Regina Coeli di Roma o San Vittore a Milano. La Garante ha poi descritto le principali osservazioni elaborate nella sua relazione con l’intento di costruire azioni sinergiche con l’amministrazione penitenziaria e con la magistratura di sorveglianza. La prima guarda il sovraffollamento, la riduzione dei numeri, “perché una città che ha un carcere pieno non è un città in buona salute”. La seconda, strettamente collegata alla prima, è la preparazione del detenuto all’uscita dal #carcere. Per questo torna a sollecitare l’apertura di uno sportello Dimittendi all’interno della casa circondariale, progetto nato in collaborazione con l’Università di Torino che aspetta il benestare delle istituzioni per diventare operativo. Infine la necessità di un cambio di prospettiva nel sistema sanzionatorio del Paese, attraverso interventi legislativi mirati a valorizzare le condotte riparatorie e per un ampliamento della “messa alla prova”, così da superare l’idea del carcere come unica risposta al reato. Poi, prima di concludere, ancora un accenno alla condizione femminile, al pericoloso riproporsi di situazioni di disagio mentale che colpiscono un numero crescente di detenuti, all’aumento di fenomeni riconducibili alle baby gang che hanno fatto crescere negli ultimi anni la popolazione del minorile Ferrante Aporti.
Marcello Longhin