Per arrivare alla piazza Mauro Rostagno, intitolata questa mattina, se non conoscete il margine ovest di Torino, al confine con i comuni di Grugliasco e di Collegno, potete per ora chiedere al navigatore o agli altri ammennicoli che ormai ci guidano, di portarvi al giardino Italo Calvino. Per gli altri basterà fare riferimento al grande spiazzo di cemento (che appunto integra il giardino Italo Calvino) accanto a via Vandalino, all’altezza di via Don Rua. A sinistra il grande negozio di elettronica che ricorda la moneta europea, a destra il piazzale annunciato da un chiosco di bibite.
E’ finito in mezzo ai santi sociali, continuatori dell’opera di Don Bosco, (a due passi c’è pure via don Murialdo) il sociologo e giornalista torinese, leader del ’68, fondatore di Lotta Continua, ricercatore spirituale in terre lontane, anima di Macondo, fondatore di una comunità per tossicodipendenti e, infine, coraggioso nemico della mafia e del malaffare nel trapanese, ucciso come un altro giornalista, Peppino Impastato, perché non disposto a tacere.
Successe nel 1988 e solo oggi lo ricordiamo con questo piazzale che sicuramente non gli sarebbe dispiaciuto: la compagnia di Calvino e dei bambini più piccoli che frequentano le giostrine di quel giardino, e quella dei più grandicelli sul nudo asfalto del piazzale a lui dedicato, per giocare a pallacanestro o dare qualche calcio al pallone. Su via Val Lagarina lui stesso guarda questa piazza dal grande murale che gli è stato dedicato il 26 settembre scorso, aspettando l’intitolazione di oggi.
Da oggi questo luogo della città, frequentato da ragazzi e in estate anche da anziani giocatori di scopone, si arricchisce di nuovo senso ed è dunque più piacevole da attraversare: sono questi i piccoli privilegi che toccano alle periferie, vietati agli abitanti dei palazzi aulici nelle zone centrali delle città.
All’intitolazione, con Carla e Raffaella Rostagno, ed Enrica Rovere, sorella, figlia e compagna di Mauro Rostagno, hanno partecipato il presidente del Consiglio comunale, Fabio Versaci, la presidente della Circoscrizione 3, Francesca Troise, Don Luigi Ciotti, lo storico Giovanni De Luna, Don Nietek, parroco della parrocchia Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, di via Val Lagarina, nel cui teatro si è svolta la prima parte della cerimonia.
Versaci ha ricordato il rigore di Rostagno giornalista e la sua battaglia contro la mentalità mafiosa. La conclusione è lasciata alle parole di Rostagno: “Noi non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena trovare un posto.”
Don Ciotti, ha invitato tutti a non limitarsi al ricordo “facciamolo rivivere attraverso la coerenza delle nostre azioni. Ha aperto strade in quella terra difficile che è il trapanese e ha dato un contributo grande alla nostra Italia”. Ciotti ricorda il contributo cospicuo di Torino alla sicilia nella lotta antimafia: Rostagno, Violante, Caselli e Libera, l’associazione da lui stesso fondata.
De Luna ha accostato la figura di Rostagno, per la sua inquietudine, a quella di Pasolini. Un continuo cercare, il suo, ha detto, richiamato anche dal nome della formazione politica che fondò: Lotta Continua. “Non una vittima della mafia – ha detto – perché le vittime sono innocenti e lui era tutt’altro che innocente agli occhi dei mafiosi” … a significare che Rostagno è stato un consapevole e coraggioso nemico della mafia, caduto battendosi contro di essa.
Sia Carla che Raffaella Rostagno, ringraziando l’Amministrazione comunale hanno ricostruito il percorso accidentato che ha condotto a questa intitolazione e l’amarezza della famiglia per le difficoltà insorte e prolungatesi negli anni. “Ma la famiglia Rostagno – ha detto Raffaella – è molto paziente, pensate che ci sono voluti 26 anni e 67 udienze per arrivare alla sentenza di condanna in primo grado dei suoi assassini”.
Nei primi mesi del 2018 inizierà, ha ricordato, il processo d’appello.
“L’ultimo Mauro, quello che parlava da RTP e denunciava le trame mafiose – ha ricordato Carla – era il più bello, il più maturo, la somma di tutte le sue esperienze. Non voleva essere un eroe ma aveva scelto di fare informazione usando il mezzo più potente, la televisione, e l’ha fatto da solo, faccia a faccia col nemico”.
Una spiegazione antieroica di tanto coraggio arriva da Raffaella che chiude così il suo intervento:” La lotta alla mafia è gioia di vivere”.
Don Nietek ha ricordato il contributo a questa lotta di sacerdoti come don Puglisi e dello stesso Don Ciotti. Ma anche il severo invito a convertirsi che nel 1993 Giovanni Paolo II rivolse ai mafiosi, diventato vera e propria scomunica nelle parole di Papa Francesco ad Agrigento nel 2014.
Ha concluso Francesca Troise che si è detta “commossa e onorata per questa intitolazione in questo pezzo della città. Il significato di questo piazzale è anche quello di ricordare una vicenda umana sempre costruttiva e disinteressata, vissuta nel segno della responsabilità portata sempre avanti”.
Troise ha ricordato i progetti promossi nelle scuole del territorio: “In viaggio con… Giovanni.” e “Scooter, scuola e territorio”, in entrambi i casi percorsi di educazione alla legalità.
Silvio Lavalle