Patrick Zaki, studente egiziano iscritto ad un master dell’Università di Bologna, si trova in carcere nel suo paese (dove era rientrato senza sapere di essere oggetto di un mandato di cattura) per motivi politici, in attesa di processo da quasi cinque mesi. Provato da questa terribile esperienza, è anche in cattive condizioni di salute che lo espongono particolarmente all’infezione da Covid-19 in corso nella prigione dove si trova rinchiuso. La sua carcerazione viene da mesi prolungata ogni 15 giorni con apposita udienza, per approfondimenti di indagini che non sono poi effettuati, senza che venga mai decretato il rinvio a giudizio. Il 12 luglio ci sarà una nuova udienza e si teme che l’esito possa essere il medesimo.
A portare Patrick dietro le sbarre, un motivo per il quale potrebbero essere in carcere molti di noi: avere pubblicato sui social media delle critiche verso il governo. Formalmente, per questo motivo, è accusato di sedizione e incitazione al terrorismo, oltre che di… uso improprio dei social media.
Accuse fotocopia che vengono sistematicamente addossate, hanno spiegato ai consiglieri e consigliere comunale i referenti di Amnesty Italia, ai numerosi oppositori politici ed attivisti dei diritti umani che quotidianamente vengono arrestati illegalmente in Egitto, venendo ingoiati a volte per più di un anno in carceri fatiscenti, sottoposti a trattamenti disumani – fino alla tortura e agli abusi sessuali – e senza mai vedere un tribunale giudicante. I più fortunati ne escono vivi, seppure devastati nel corpo e nella psiche come nel caso della giovane Sarah Hegazi, comunista e attivista Lgbt, torturata in carcere, alla fine rilasciata ma che ha poi finito per togliersi la vita. E ci sono i casi atroci come quello di Giulio Regeni e di tanti cittadini e cittadine egiziani.
Proprio per contribuire a tenere accesi i riflettori sul caso di Patrick e sulle violazioni dei diritti umani in Egitto, le commissioni Pari Opportunità e Legalità, insieme alla Conferenza dei capigruppo, riunite sotto la presidenza di Cinzia Carlevaris, hanno incontrato in videoconferenza rappresentanti di Amnesty International Italia, dell’ Associazione radicale “Adelaide Aglietta” e della sezione torinese del movimento Possibile. Proprio quest’ultimo ha lanciato la proposta, ripresa dalla consigliera Eleonora Artesio, di conferire a Patrick Zaki la cittadinanza onoraria torinese, per lanciare un segnale alle autorità italiane ed egiziane. Una proposta che sembrerebbe trovare ampio riscontro in Consiglio. Anche città come Bologna e Napoli stanno prendendo questa iniziativa. Già nel maggio scorso, il Consiglio comunale aveva approvato all’unanimità un ordine del giorno per la scarcerazione dello studente egiziano e per reclamare la verità sulla tragica fine di Giulio Regeni.
Giulia Groppi e Riccardo Noury di Amnesty International, Francesca Druetti di Possibile e Patrizia Di Grazia per l’associazione Aglietta si sono mostrati concordi e determinati nel reclamare che venga tenuta alta la soglia di attenzione nei confronti di Zaki e degli altri prigionieri politici in Egitto. Prigionieri vessati dal regime al punto di essere stati esclusi, in quanto non ancora condannati(!) da un imminente provvedimento di grazia per al fine centinaia di detenuti, motivato dalla necessità di sfoltire le celle a fronte della pandemia. Una certa amarezza è stata manifestata a fronte dell’atteggiamento del governo italiano sulla vicenda di Patrick Zaki così come sul caso Regeni, giudicato come troppo subordinato agli interessi commerciali tra i due paesi.
Oltre alla consigliera Artesio, la quale ha auspicato che la proposta di cittadinanza onoraria divenga patrimonio comune di tutto il Consiglio, è intervenuta la consigliera Grippo, esplorando che da in anno dia ferma in Parlamento la costituzione di un’Autorità indipendente per i diritti umani. La consigliera Ferrero, da parte sua, ha ricordato come tutto ciò che accade nell’area mediterranea riguardi l’Italia, in un contesto nel quale le relazioni internazionali sono fondamentali.
Un accenno è stato fatto alla possibilità di conferire a Zaki la cittadinanza italiana, cosa che potrebbe evidentemente migliorarne la condizione (Carlevaris ha ricordato che vari deputati di diversi partiti sarebbero orientati in questo senso). Si tratta tuttavia di un iter procedurale complesso che riguarda anche il Quirinale, come ha spiegato la rappresentante di Amnesty.
Claudio Raffaelli