Tra i partigiani che si batterono contro i nazifascisti nelle valli alpine e appenniniche, tra il settembre del 1943 e l’aprile del 1945, c’erano migliaia di ex prigionieri di guerra, “nemici” quando l’Italia era alleata di Hitler e poi divenuti compagni di battaglie per la libertà. Molti di loro, forse la maggior parte, erano soldati dell’Armata Rossa: russi, ma anche georgiani, ucraini e di altre nazionalità dell’allora Unione Sovietica. Considerati “vili e traditori” dal regime staliniano, per il fatto di essersi arresi al nemico, si rivelarono invece preziosi compagni d’arme per i nostri partigiani.
Caddero in quasi 500. I resti mortali di almeno 80 partigiani sovietici, caduti tra i ranghi delle formazioni partigiane, sono custoditi presso il Cimitero Monumentale di Torino. E proprio qui, questa mattina, si sono riuniti decine di cittadini italiani e russi, per iniziativa dell’Associazione culturale Russkij Mir e del consolato generale della Federazione Russa di Milano. A rappresentare la Città di Torino, rivolgendo un saluto ai presenti, è stato il consigliere Federico Mensio, il quale ha anche ricordato la figura di Nicola Grosa, partigiano e poi consigliere comunale in Sala Rossa, al quale si deve la pietosa opera di ricerca e sepoltura di molti caduti della Resistenza. Un’opera che gli costò la vita, a causa di un’infezione trasmessa dai resti mortali. Altri discorsi sono stati pronunciati da Silvia Leva, direttrice di Russkij Mir e P. Ratskevich, viceconsole di Russia, accomunati dal sottolineare il valore della pace e il monito rappresentato dal sacrificio di quei combattenti.
Tra i partecipanti alla cerimonia, oltre ad un gruppo di bambini russi che hanno recitato un breve pezzo teatrale sugli orrori della guerra, la signora Astra Arlova, quasi novantenne sopravvissuta al feroce assedio di Leningrado (oggi San Pietroburgo) da parte dei tedeschi, pluridecorata al valore e ancora attiva nel testimoniare quei giorni grandi e terribili di una città che, secoli prima, lo scrittore Pushkin aveva definito ” incrollabile come la Russia”.
Claudio Raffaelli