L’immagine guida della mostra che vedete pubblicata in questo articolo è costituita da una busta con due timbri postali. Mittente: «Gemma Servadio. Campo di concentramento di Fossoli di Carpi (Modena)».
Gemma e la sua anziana madre Nina vengono arrestate a Torino il 23 maggio 1944. Sono poi tradotte a Fossoli ove restano poco più di un mese e infine deportate ad Auschwitz: da lì non fecero ritorno.
La storia della famiglia Servadio sarà raccontata nella mostra “Torino – Fossoli –Auschwitz. Donne e luoghi della memoria”, aperta a partire da domenica 26 gennaio all’Archivio Storico della Città di Torino di via Barbaroux. L’ingresso, dalle ore 14 alle ore 19, è libero; l’esposizione sarà aperta fino al 14 febbraio.
In mostra sono esposte le riproduzioni di otto lettere di Gemma inviate da Fossoli e giunte miracolosamente a destinazione; invocazioni di aiuto indirizzate a parenti e amici; richieste di cibo, vestiti, medicine, ma anche occhiali e filo per cucire (le lettere originali sono conservate al Museo Nazionale dell’Olocausto di Washington).
Accanto alle missive in esposizione molto altro materiale tra cui spiccano oggetti di vita quotidiana della famiglia Servadio, tra cui un libro di preghiera in lingua ebraica, sul quale la famiglia dal 1700 appuntava le nascite e i decessi dei congiunti.
All’inaugurazione della mostra parteciperà Mirella Bedarida Shapiro, una nipote di Gemma, il cui nome, allora era una bimba, compare nei tristemente noti elenchi della vergogna.
A margine della mostra, lunedì 27 gennaio alle 17.30, sempre all’Archivio Storico della Città di Torino, si svolgerà la conferenza “Storie di una famiglia. Lettere dal campo di concentramento” con la partecipazione di Mirella e di un secondo nipote di Gemma, Giorgio Servadio.
(r.t.)