Affidamento famigliare, una risorsa importante per bambini in difficoltà

Uno scorcio dell'area biblioteca della Casa dell'Affidamento

La Casa dell’Affidamento della Città di Torino si è trasferita l’anno scorso da via San Domenico 28, nel centro storico, ad una porzione ampia e luminosa del complesso ex “Poveri Vecchi”, in corso Unione Sovietica 220/D. La IV Commissione Servizi sociali, guidata da Antonino Iaria, ha incontrato un gruppo di responsabili del servizio ed assistenti sociali, al termine di un sopralluogo effettuato nei locali, dove hanno trovato spazio anche numerose associazioni in sostegno dei minori e loro famiglie, che svolgono numerose attività anche con il supporto della Fondazione CRT.

La formula dell’affidamento familiare si base sull’accogliere nella propria casa – e nella propria vita – un bambino  un ragazzo la cui famiglia di origine vive una situazione di difficoltà. Diversamente dall’adozione, è una soluzione transitoria durante la quale rimane un legame tra il minore e la famiglia d’origine, per la quale l’affidamento può essere un aiuto importante.

L’affidamento familiare è normato da leggi dello Stato e può assumere diverse forme, può essere consensuale – i genitori riconoscono lo stato di difficoltà e si accordano con i servizi sociali con il controllo del giudice tutelare  –  e talvolta anche solo limitatamente al periodo diurno, oppure può essere disposto dal tribunale per i Minorenni e solo in seguito a questo realizzato dal Comune, laddove manchi il consenso della famiglia.

L’incontro fra la IV commissione e le responsabili della Casa dell’Affidamento

A Torino sono circa 3860 i minori seguiti dai servizi sociali nell’ambito del loro nucleo famigliare d’origine, mentre quelli affidati a famiglie o comunità sono 680, metà dei quali sono minori stranieri giunti in Italia non accompagnati: in 180 casi, i minori sono affidati a persone con qualche grado di parentela. Le cifre, fornite nel corso dell’incontro con i consiglieri, mostrano come non in qualsiasi situazione di difficoltà si debba ricorrere a forme di affidamento al di fuori del nucleo familiare. All’affido si arriva solo in presenza di situazioni molto difficili se non addirittura gravi, e mai senza provvedimenti motivati dall’autorità giudiziaria. E certamente non sono le sole difficoltà economiche ad essere ritenute motivo di affidamento familiare.

Un poster per promuovere l’affidamento famigliare

Le persone che si prestano volontariamente per un affidamento devono avere, al di là della loro meritoria disponibilità, la capacità di gestire relazioni complesse: non soltanto con il/la minore che accolgono, ma anche con la sua famiglia d’origine, con i servizi sociali, con il Giudice Tutelare o il Tribunale dei minori.

Anche in questo, la Casa dell’Affidamento, con assistenti sociali, personale amministrativo e psicologhe, si pone come punto di riferimento per le famiglie affidatarie, che non vengono lasciate sole. Sono costantemente supportate dai servizi comunali sia quando si tratta di individuarle tramite un percorso di conoscenza, valutazione  – devono consentire l’accesso al casellario giudiziario – ed autovalutazione sia durante il periodo dell’affidamento, anche tramite gruppi di sostegno tra affidatari. Durante l’incontro è stato anche sottolineato come non esista una famiglia”tipo” per l’affidamento: i bambini e ragazzi hanno caratteristiche e storie differenti e necessitano di soluzioni differenti, non standardizzate. Tutte le informazioni sulla Casa dell’Affidamento e sulle norme e procedure seguite sono reperibili sul sito della Città di Torino, www.comune.torino.it/casaffido

Claudio Raffaelli