La sfida della sanità territoriale con le case di comunità

Il Comune rappresenta un’autorità sanitaria quindi dovrebbe svolgere un ruolo propositivo. Lo ha affermato questa mattina Guido Giustetto, presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Torino, durante la riunione della commissione Sanità e Servizi Sociali, presieduta da Vincenzo Camarda, convocata per approfondire il tema della sanità territoriale, in vista della nascita delle case e degli ospedali di comunità.

La Città, secondo Giustetto, dovrebbe poter dire la sua sulla dislocazione nel territorio delle nuove strutture sanitarie, evitando concentrazioni in alcuni territori con altri, invece, scoperti.

Ha ricordato come la casa di comunità, come previsto dal PNRR, dovrebbe essere il riferimento di un’area di 40/50 mila abitanti. A Torino ne sono previste 18 e dovranno cercare di dare quelle risposte che tre precedenti riforme sanitarie non sono riuscite a dare per mancanza di risorse.

Giustetto ha sottolineato come la pandemia non abbia fatto altro che accentuare le criticità della sanità territoriale, presenti già prima dell’emergenza sanitaria: standard organizzativi non omogenei, mancanza di finanziamenti utili al lavoro in gruppo, è mancata l’integrazione con altri servizi territoriali, situazioni che non hanno permesso di affrontare la complessità dei bisogni delle persone, con età media sempre più elevata e con varie patologie che richiedono competenze pluridisciplinari.

Le nuove case di comunità, per le quali il PNRR ha previsto 7 miliardi di euro, vedranno centri con medici di famiglia, specialisti ambulatoriali, assistenza domiciliare, servizi infermieristici. Alcuni servizi saranno obbligatori, altri come ad esempio consultori, medicina dello sport, salute mentale e dipendenze saranno raccomandati mentre altri ancora vengono ritenuti facoltativi (ad esempio programmi di screening) Ma resteranno comunque le case di comunità definite “spot”, vale a dire gli studi medici che dovranno, sostiene Giustetto, comunque essere riorganizzati, riaggregati in modo che possano avere standard organizzativi uniformi.

Ufficialmente non è prevista la figura dell’assistente sociale ma, anche in questo ambito, Giustetto ritiene fondamentale il ruolo del Comune nel sostenere e caldeggiare la presente di questa figura professionale, all’interno della casa di comunità.

Federico D’Agostino