Si è spento il 17 marzo nella clinica San Giuseppe di Milano, dove era ricoverato per una polmonite da coronavirus, il grande progettista di origini piemontesi (era nato a Novara nel 1927) Vittorio Gregotti. A Torino è ricordato in prima battuta per l’ideazione dalla fine degli anni Ottanta al 1995 del Piano Regolatore generale con Augusto Cagnardi, quando i due architetti diedero vita allo strumento che ha rivoluzionato l’urbanistica post-industriale di Torino. Gregotti e Cagnardi concepirono lo sviluppo urbanistico ed economico della nostra città lungo la Spina centrale, la direttrice della città segnata dal passaggio della linea ferroviaria, interrata progressivamente nel corso degli anni successivi. Un grande progetto, che al di là delle successive 350 varianti, ha ridisegnato la capitale subalpina: è nato un lungo asse viario da nord a sud; si sono ricongiunte zone della città divise da decenni dal trincerone ferroviario e alcune grandi aree industriali, abbandonate verso la fine degli anni Ottanta (parliamo di oltre un milione di metri quadri), sono state riconvertite in larga parte in edilizia residenziale.
La vita professionale del grande architetto è costellata da molti progetti pubblici come i complessi residenziali di Berlino e Venezia; il teatro milanese degli Arcimboldi; l’Università della Calabria, a Rende (Cosenza); gli stadi per Nimes, Genova e Barcellona; il centro culturale di Belém a Lisbona e il piano generale per la nuova città di Pujiang, in Cina. Senza dimenticare la passione per le riviste di settore, come la sua ‘Casabella’, laboratorio di cultura della modernità. E poi ancora l’attività universitaria, tra Milano, Palermo e lo Iuav di Venezia. E la pubblicazione nel ’66 con Feltrinelli de ‘Il territorio dell’architettura’, libro decisivo per diverse generazioni di architetti europei.
Roberto Tartara