“La certificazione di idoneità abitativa non sia un ostacolo per l’integrazione”

I dirigenti sindacali in audizione. Da sinistra, Giancarlo Anselmi (UIL). Mohammed Reza Kiavir (CISL) e Lamine Sow (CGIL)

Se a un lavoratore straniero, al momento di firmare un contratto di lavoro, viene chiesto di esibire il certificato di idoneità abitativa del luogo in cui vive, mentre al suo collega italiano non viene richiesto, non è forse una discriminazione?

E se il lavoratore straniero – differentemente dal suo collega italiano –  si vede costretto a produrre  un ulteriore certificato di idoneità abitativa ogni volta che chiede il rinnovo del permesso di soggiorno, ogni volta che chiede un nuovo documento, ogni volta che attiva la pratica per un ricongiungimento familiare: non è forse una discriminazione ancora più pesante?

Domande amaramente retoriche, risuonate oggi a Palazzo Civico durante la riunione della Commissione speciale  contro Intolleranza e Razzismo, presieduta dal consigliere Abdullahi Ahmed Abdullahi. A porle, i responsabili delle politiche per gli immigrati di Cgil (Lamine Sow), Cisl (Mohammed Reza Kiavir) e Uil (Giancarlo Anselmi). I sindacalisti hanno denunciato come la normativa nazionale , in particolare il Testo Unico per l’Immigrazione, stia creando negli ultimi anni dei guasti immensi, con numerosi casi di persone che incontrano problemi nel rinnovare il permesso di soggiorno o regolarizzare la propria posizione lavorativa o scoprono che l’appartamento dove vivono, magari da anni, non viene considerato idoneo, mentre nessuna verifica viene fatta sull’idoneità o meno delle abitazioni dei nostri connazionali. Paradossalmente, hanno segnalato i rappresentanti confederali, la sanatoria del 2020 ha consentito di regolarizzare con una semplice sanzione immigrazioni irregolari o posizioni lavorative non corrette, ma si è rivelata inflessibile sull’idoneità abitativa. Una certificazione, quest’ultima, che viene effettuata da geometri, in regime di libero mercato – con tariffe da 300 euro fino a 500 e oltre – perché gli uffici tecnici comunali non riescono a sbrigare una quantità di pratiche di idoneità che è molto aumentata negli ultimi anni.

Ai Comuni- e a quello di Torino in particolare – i rappresentanti per gli immigrati di Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto sia di attivarsi in sede nazionale, tramite l’ANCI, per una revisione legislativa, a partire dalla certificazione di idoneità unica (da non reiterare per ogni documento richiesto) sia di prendere alcuni provvedimenti rispetto alle proprie competenze dirette, ad esempio concordare un prezziario che possa calmierare i costi delle certificazioni effettuate dai professionisti o tornare a gestire in proprio le certificazioni di idoneità abitative.

Il Consiglio comunale, nell’autunno scorso, aveva approvato un atto presentato dalla consigliera Ravinale il  consigliere Ahmed e la consigliera Conticelli che segnalava il grave problema e suggeriva misure organizzative per accelerare il rilascio delle certificazioni di idoneità, oltre che di attivarsi in sede nazionale per la revisione della normativa esistente.

C.R.