Questa mattina, presso la caserma di via Asti 22, sono state commemorati i caduti per la libertà. Ai tempi della Repubblica di Salò, nell’edificio situato nella zona precollinare torinese aveva sede la milizia fascista, la GNR: le sue stanze e i suoi cortili divennero teatro di torture e fucilazioni di antifascisti e combattenti della Resistenza.
La caserma intitolata ad Alessandro La Marmora, ospitò fra il ’43 ed il ’45 “la fiera delle teste rotte“, secondo la definizione di uno dei suoi involontari ospiti, Bruno Mulas: una sorta di buco nero, dentro il quale scomparvero in molti. Per il generale Perotti e gli altri responsabili militari della Resistenza torinese, il regime fascista della Repubblica Sociale alleata dei nazisti, scelse di imbastire un processo fasullo, prima di fucilarli al Martinetto. Ma per tanti altri, trovò più comodo un “passaggio” in via Asti. Un posto strano, dove potevano solo interrogarti e quindi rilasciarti, oppure ridurti alla fame o ancora romperti le ossa prima di fucilarti. Talvolta se ne usciva vivi, ma solo per essere spediti nei campi di sterminio. Alcuni sopravvissero, come la partigiana Frida Malan, che ancora decenni dopo raccontava, divertita e quasi intenerita, della goffa proposta di matrimonio rivoltale da uno dei suoi carcerieri. Ma al di là di queste piccole parentesi di umanità, quando i partigiani entrarono nella caserma, nella notte fra il 27 e il 28 aprile del ’45, vi trovarono “prigionieri morti e altri stremati dalla fame e distrutti dalle torture” e “pareti e soffitti imbevuti di sangue umano”, come ha ricordato il comandante partigiano Livio Scaglione nel volume Le pietre della libertà.
Oltre a rappresentanti delle istituzioni, oggi preso la parola l’avvocato Bruno Segre, decano ultracentenario degli antifascisti torinesi, che in via Asti venne incarcerato, come antifascista, ancor prima dell’inizio della Resistenza. La Città di Torino, presente con una propria delegazione ufficiale, ha deposto una corona di alloro ai piedi del muro di fronte al quale avvenivano le esecuzioni sommarie: su intonaco e mattoni sono ancor oggi visibili i fori dei proiettili non andati a bersaglio.
Claudio Raffaelli