Pronunciando la frase “Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le Leggi dello Stato” dieci donne e uomini provenienti da Albania, Brasile, Ecuador, Egitto, Filippine, Marocco, Moldavia, Nigeria, Perù e Romania, questa mattina sono diventati cittadini italiani. E’ successo in Sala Rossa a Palazzo Civico, nell’ambito della cerimonia del “Giuramento per l’acquisto della cittadinanza italiana”, protagonisti cittadini torinesi originari di Paesi #stranieri, che hanno concluso la procedura firmando l’atto di stato civile. Al termine, è stata loro consegnata una copia della nostra #Costituzione e una stampa storica della Città di Torino, in ricordo della giornata. Alla cerimonia erano presenti la presidente del Consiglio comunale Maria Grazia Grippo e il vicepresidente vicario Domenico Garcea, l’assessore ai servizi civici Francesco Tresso, numerosi consiglieri comunali. Nel suo saluto, la presidente ha ricordato come si sia scelto di organizzare questo momento solenne per onorare l’impegno, preso nell’autunno scorso dal Consiglio comunale, di ripristinare un momento istituzionale per le nuove cittadinanze, prassi un tempo consolidata e interrotta a causa della pandemia. Per il forte valore simbolico che riveste l’occasione, la scelta del luogo e della data, ha continuato Grippo, sono invece cadute sulla Sala Rossa e sui giorni che precedono la ricorrenza dell’Unità d’Italia. Un modo per trasmettere ai nuovi cittadini l’abbraccio delle istituzioni e della città intera. Anche Tresso, concludendo i saluti istituzionali, ha rivendicato la scelta della Sala Rossa come luogo simbolico dove accogliere in modo adeguato persone che, pur arrivando da altre nazioni, hanno deciso di fermarsi nella nostra città per costruire il proprio futuro. Una città, peraltro, riconosciuta da sempre per la sua proverbiale propensione all’accoglienza, che saprà integrare anche questi nuovi cittadini. Non più stranieri, ma torinesi che, con la loro cultura, i valori, i saperi, renderanno a loro volta più ricca la nostra comunità.
Marcello Longhin