In prima linea per la salute: il Pronto soccorso del Martini

La IV commissione Servizi sociali di fronte all'ingresso del Pronto soccorso dell'ospedale Martini
Con i suoi 62000 “passaggi” annui – una cifra tornata quasi ai livelli ante Covid – la struttura di Pronto soccorso dell’Ospedale Martini, in via Marsigli, è al secondo posto per utenza tra gli ospedali della città. Si tratta di un Pronto Soccorso multispecialistico, divenuto punto di riferimento anche per pazienti provenienti da altre zone della Città, così come dai Comuni della cintura Ovest. Negli ultimi anni sono stati effettuati consistenti interventi di ristrutturazione e riorganizzazione degli spazi, rinnovamento tecnologico e adeguamento degli organici (i medici del Pronto Soccorso sono tornati a livelli numerici normali dopo un periodo in cui si erano trovati dimezzati).

Il tutto per ottimizzare i percorsi assegnati ai vari pazienti, per limitare di tempi di boarding (la permanenza in Pronto Soccorso in attesa del ricovero nei vari reparti) e dare la necessaria attenzione alla dignità e sicurezza di pazienti e personale sanitario.

Un momento della riunione con i responsabili della struttura
Sono questi alcuni elementi del quadro forniti ai consiglieri e alle consigliere della IV commissione Servizi sociali, presieduta da Vincenzo Camarda, che proprio oggi hanno iniziato quello che sarà un tour completo delle strutture di Pronto Soccorso nei nosocomi torinesi.
In via Marsigli, nonostante i miglioramenti apportati, la pressione è sempre forte: la zona circostante ha una popolazione mediamente piuttosto anziana, vi si trovano diverse RSA, per cui non è cosa rara trovarsi ad accogliere anche venti pazienti ultraottantenni in contemporanea.
Più naturalmente tutti gli altri, poiché, come è stato ribadito nell’incontro con i responsabili della struttura, su ogni Pronto Soccorso si scaricano le insufficienze dei servizi territoriali, compresa la scarsità numerica dei medici di base.  Anche le lunghe liste di attesa per gli esami specialistici dirottano l’utenza verso le strutture di primo intervento.
Il risultato è che dei 62000 passaggi dell’anno solo quelli selezionati al triage come “codice rosso” sono stati solo un migliaio, ai quali vanno aggiunti 9000 casi di “codice arancione”. I più di cinquantamila altri casi oggetto di triage avevano quindi un livello di urgenza basso, se non quasi nullo.
(Claudio Raffaelli)