Percorrendo la tangenziale nord di Torino, diversi anni fa, non era difficile scorgere, soprattutto di notte, fiammelle che fuoriuscivano dal sottosuolo, attraverso strutture simili a torce.
Bruciavano il biogas creato all’interno della collinetta che ricopre la discarica di basse di Stura, al confine con Borgaro, che la città ha usato fino al 2009.
Proprio sulla sommità della collinetta, alta 52 metri sul piano campagna, la commissione ambiente presieduta da Claudio Cerrato ha effettuato un sopralluogo accompagnata dagli ingegneri dell’Amiat.
Il gas prodotto, già prima che la discarica venisse chiusa, non viene più bruciato come allora nelle torce ma, attraverso 535 pozzi di captazione, tramite una rete di tubature lunga 35 km, viene convogliato all’interno di strutture dove viene utilizzato per la combustione di motori per la produzione di energia elettrica.
Una produzione che consente l’autonomia energetica degli impianti e degli uffici Amiat di via Germagnano oltre ad un’eccedenza che viene immessa nella rete.
L’intero ciclo di captazione del biogas e della produzione di energia viene costantemente monitorato, 24 ore al giorno sette giorni su sette.
Nella zona di Basse di Stura, una prima discarica venne realizzata a fine anni ‘60 ed utilizzata fino al 1983 prima di essere tombata. Successivamente è stata realizzata la seconda, negli anni ‘80, sfruttando le cavità del terreno lasciate vuote dai materiali utilizzati per la costruzione della tangenziale, utilizzata fino all’ingresso in esercizio del termovalorizzatore del Gerbido..
La produzione del biogas, che negli anni ha determinato un abbassamento della collinetta, ha avuto il suo picco massimo nel 2003. Dal 2011 è iniziato un progressivo decremento dovuto alla chiusura della discarica ma la produzione di biogas è garantita ancora per alcuni decenni.
Federico D’Agostino