Nemmeno il quattro per cento furono le donne elette il 2 giugno 1946 all’Assemblea Costituente per scrivere il testo della Carta: ventuno su cinquecentocinquantasei membri. Sono le Madri costituenti che un riflesso conduce all’oggi nel tema cinematografico di ‘C’è ancora domani’ di Paola Cortellesi che ricorda lo sforzo enorme nel dopoguerra per introdurre il diritto di voto alle donne, diritto oggi dato per acquisito quanto trascurato se guardiamo le percentuali dei votanti alle elezioni degli ultimi anni. I valori scritti
nella carta costituzionale di uguaglianza, pace, non discriminazione, parità di genere si devono in larga parte alla determinazione di quelle donne diverse tra loro per provenienza, ceto, professione unite nell’impegno formativo della democrazia repubblicana costrette a sfidare i pregiudizi maschili dell’epoca. Oggi a Palazzo civico si è parlato a lungo di una di loro – Maria Agamben Federici fondatrice del Centro italiano femminile – grazie al convegno organizzato dal Cif piemontese a pochi giorni dal 2 giugno, settantottesimo anniversario della nascita della Repubblica.
Agamben è ricordata come figura straordinaria di donna cattolica aperta al mondo: partigiana, pedagogista, giornalista intollerante al fascismo, andò all’estero durante il ventennio – Bulgaria, Egitto, Spagna, Austria, Francia dove insegnò negli istituti di cultura italiana -; si impegnò per aprire scuole ispirate al metodo Montessori e partecipò all’Assemblea Costituente come deputata della Democrazia Cristiana.
Il convegno ospitato in Sala Carpanini per concessione del Comune di Torino è stato coordinato dai vertici del Cif Piemonte; ha raccolto il patrocinio di numerosi enti e associazioni ed è stato caratterizzato dalle relazioni di Angela Giustino e Giovanna Cristina Gado, dal contributo di Renata Natili Micheli, dall’intervento della presidente del Consiglio comunale di Torino.
(Roberto Tartara)