L’anniversario della strage dello stadio Heysel di Bruxelles – 39 morti a seguito di un attacco di hooligans infiltrati tra i tifosi del Liverpool, squadra britannica quella sera in campo contro la Juventus – è stato oggi ricordato presso la sede della Regione Piemonte. All’iniziativa promossa dall’associazione “Quelli di via Filaldelfia”, ha preso parte, in rappresentanza della Città di Torino, il consigliere Marco Chessa.
Quello di Bruxelles, il 28 maggio 1985, non fu uno scontro fra ultras, come è stato evidenziato nel corso dell’incontro. Il settore Z dello stadio belga, separato dagli hoolingans soltanto da una debole rete, era affollato di famiglie con ragazzi e bambini, mentre i gruppi che le aggredirono erano organizzati e dotati di armi da taglio e contundenti. La ferocia dei teppisti britannici e le carenze organizzative sfociarono in un massacro: 39 morti, dei quali 32 italiani, il più giovane dei quali risultò essere il piccolo Andrea Casula, di 10 anni. Uomini e donne piemontesi, toscani, sardi, siciliani, liguri… Alcuni non erano neppure tifosi bianconeri, ma persone appassionate di calcio e attirate da un grande evento sportivo o anche solo da una “zingarata” con gli amici più cari.
Toccanti, in apertura dell’incontro di questa mattina, le testimonianze di alcuni familiari delle vittime – come Fabrizio Landini, nipote del ristoratore torinese Giovacchino Landini, di Tiziana Fecchio, prossima al parto quando apprese la notizia della morte del marito Domenico Russo – e di Nereo Ferrat, sopravvissuto al macello, che ha lanciato una composta invettiva contro gli striscioni feroci e offensivi che ancora compaiono negli stadi.
Ma il culmine della commozione, fra le persone presenti e quelle collegate in streaming, è stato raggiunto durante la lettura svolta da Omar Rottoli, che ha passato in rassegna i nomi e le biografie delle vittime.
Una partecipe narrazione, quasi plutarchiana, di vite parallele. Vissute diversamente in città tra loro lontane, ma confluite in vari modi e con motivazioni diverse, talvolta persino per caso, nel settore Z di uno stadio belga, una sera qualunque di primavera, destinata a divenire un buco nero dal quale sarebbero state stroncate.
“Una cerimonia toccante e piena di emozioni, a conferma del fatto di quanto il ricordo delle trentanove vittime sia ancora vivo e doloroso” ha commentato il consigliere Marco Chessa al termine dell’iniziativa, aggiungendo: “La ferita di quel 29 Maggio 1985 è ancora aperta, e può essere curata solamente con il ricordo e la cultura civica e sportiva affinché certe tragedie non possano e non debbano più accadere“.