Come hanno vissuto i giovani i mesi della pandemia? Cos’hanno provato nelle giornate chiusi in camera? Come hanno affrontato le restrizioni e quali sono state le eventuali ricadute positive?
Già nei mesi scorsi, i ragazzi dell’Asai organizzarono un flash mob davanti a Palazzo Civico durante il quale raccontarono come la pandemia non li abbia tenuti fermi: i loro cartelli raccontavano di rapporti migliorati con fratelli e sorelle, di nuove esperienze in cucina o dello studio di uno strumento musicale.
L’Università di Torino ha presentato ieri, in commissione Istruzione, Cultura e Giovani, presieduta da Tea Castiglione, una ricerca realizzata da Sonia Bertolini, Claudia Rasetti, Veronica Allegretti, Angela Lucca. Si tratta di un lavoro che raccoglie dati rilevati da 1455 questionari compilati da 973 studenti delle scuole superiori (14 – 19 anni) e da 482 giovani (20 – 29 anni).
Sono informazioni relative alle emozioni provate dai giovani nelle varie fasi della dell’emergenza sanitaria, con drastici lockdown, riaperture che lasciavano spazio alla speranza, ulteriore restrizioni. Riguardano le strategie utilizzate per affrontare il periodo carico di incertezze, il modo in cui hanno vissuto il tempo libero, il rispetto o meno delle restrizioni, gli insegnamenti e lo sviluppo e la scoperta di abilità.
Tra marzo e giugno 2020, i giovani, ai quali il questionario proponeva di esprimere due emozioni, hanno percepito sensazioni di incertezza (47%), di noia (45%), di tristezza (32%), di ansia (34%), con le emozioni negative di ansia e paura maggiormente espresse dalle ragazze. Una classifica ribaltata con le prime aperture dove a prevalere erano sensazioni di felicità (64%), speranza (54%), spensieratezza (51%). Nella terza fase, invece, è prevalsa l’ansia (51%), seguita dall’incertezza (45%), dalla tristezza (41%) e dalla rabbia (38%). Le ragazze provano emozioni legate a stati d’animo negativi nel primo e terzo periodo, più positivi nel secondo.
I ragazzi hanno percepito momenti di solitudine vivendo aspetti destabilizzanti, legati prevalentemente all’assenza da scuola, dalla lontananza delle amicizie, alla mancanza di contatto fisico ma trovando tuttavia reti di supporto alle difficoltà del periodo negli amici, nella famiglia, nel partner o nelle comunità on line.
La pandemia ha offerto la possibilità di riflettere di più sulla propria vita e così i ragazzi hanno compreso meglio l’importanza di cosa avevano in precedenza, hanno acquisito capacità ad adattarsi a nuove situazioni e hanno conosciuto nuovi modi di vivere il tempo e le relazioni. Il 70% del campione afferma di sentirsi nelle condizioni di gestire meglio i cambiamenti rispetto al periodo precedente la pandemia.
Il 92% dichiara di aver rispettato le restrizioni, soprattutto durante il lockdown, periodo durante il quale i passatempi sono stati, prevalentemente, nell’ordine il guardare serie tv, effettuare videochiamate, seguire i social, ascoltare musica, prendersi cura di se stessi.
La pandemia ha cambiato il modo di immaginare il futuro personale, riscontrando maggiore incertezza, timore per il perdurare dell’emergenza, preoccupazione per la ricerca di un lavoro. Tuttavia, in alcuni casi il periodo ha permesso di chiarire meglio aspirazioni e desideri.
Nelle conclusioni, la ricerca esprime anche quali potrebbero essere le necessità, nel dopo pandemia. In particolare viene sottolineata la necessità di politiche che aiutino i giovani ad interagire di nuovo in presenza, di politiche di presa di consapevolezza del vissuto, di azioni per il mantenimento e potenziamento delle abilità sviluppate durante il periodo pandemico.
Federico D’Agostino