Alla vigilia del settantatreesimo anniversario della caduta dei cancelli di Auschwitz (27 gennaio 1945), nella sala del Consiglio comunale si è celebrato il Giorno della memoria istituito dall‘Onu nel 2005.
Idealmente guidati dalle parole di Primo Levi, “comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, rappresentanti di Comune e Regione hanno ripercorso le pagine più drammatiche della nostra storia, che sono quelle della storia europea e mondiale ma che mobilitano per ogni italiano una consapevolezza in più: quella della “macchia indelebile” costituita dalle leggi razziali promulgate dal fascismo nel 1938.
E’ Dario Disegni, presidente della comunità ebraica torinese, a citare l’espressione usata in questi giorni dal Presidente della Repubblica, ricordando come quelle misure di segregazione degli italiani ebrei, furono la necessaria premessa dello sterminio.
“A 80 anni da quelle leggi siamo molto preoccupati – ha proseguito – per l’indifferenza, per i vecchi e nuovi negazionismi, per l’antisemitismo mascherato da antisionismo, per gli episodi di xenofobia e razzismo. Serve molto lavoro educativo nei confronti dei giovani”.
Il Prefetto Renato Saccone si è interrogato sul legame tra memoria e responsabilità: difficile sapere, ha detto, come ognuno di noi si sarebbe comportato di fronte alle misure liberticide e persecutorie del fascismo, ciò che possiamo fare è dunque costruire la memoria. Ed è proprio sulla relazione tra storia e memoria che ha incardinato la sua lezione Bruno Maida, docente di storia contemporanea dell’Università torinese.
Maida ha citato Ernest Renan, secondo cui una nazione è un patrimonio comune di ricordi trasformati in memoria perché selezionati e separati da ciò che si vuole invece dimenticare. “Noi non possiamo dimenticare”. Ma, secondo Maida, dopo tante giornate della memoria “bisogna riconoscere che oggi abbiamo più bisogno di storia che di memoria”, a significare che bisogna ricominciare dai fatti. Ed è un fatto “il legame fortissimo tra leggi razziali e shoah”, esemplificato dal puntiglioso censimento degli ebrei operato dal regime e dal suo successivo utilizzo per operare quei rastrellamenti che riempirono i campi di sterminio.
Alla cerimonia hanno preso parte con le numerose autorità civili e militari, il Questore, Francesco Messina, Pensiero Acutis, uno degli ultimi rappresentanti di quei 650.000 uomini dell’esercito italiano che furono catturati e internati dopo l’8 settembre del 1943, e il sempre giovane partigiano Bruno Segre, di cui festeggeremo tra qualche mese il centesimo compleanno.
Silvio Lavalle