Dai giorni scorsi le sale juvarriane dell’Archivio di Stato di Torino di piazzetta Mollino sono aperte al pubblico per una retrospettiva dedicata a Francesco Tabusso. Promossa dall’Archivio a lui intitolato e da Banca Sella alla vigilia del decennale della morte, la mostra ripercorre gli oltre sessant’anni di attività del pittore che ha esplorato strade solitarie, al di là delle mode e dei movimenti, conquistando l’apprezzamento della critica e dei non addetti ai lavori. Maestro dei pittori cantastorie invita a scoprire una realtà contadina fuori dal tempo e a recuperare uno sguardo incantato sul mondo. Fin dagli inizi mostrò predilezione al “racconto artistico” collaborando con alcuni dei nomi più noti della letteratura italiana del periodo: Piero Chiara, Dino Buzzati, Mario Soldati, Mario Rigoni Stern.
In esposizione fino al 7 gennaio 2022 la selezione di circa sessanta opere provenienti da collezioni pubbliche e private delinea le tappe del suo cammino in dialogo con i maestri: i primi passi mossi alla scuola di Felice Casorati; l’approdo al linguaggio informale all’inizio degli anni Sessanta; la produzione di opere di grande formato eseguite a partire dal 1962 come ‘La sacra di San Michele’ esposta per la prima volta al pubblico. Una sezione è dedicata a numerosi quadri-omaggio (a Grünewald, Reycend, Pitocchetto, Chagall) che dagli anni Settanta si dispongono in cicli pittorici in dialogo con mondi artistici affini.
L’ultima produzione di Tabusso è articolata attraverso l’individuazione di nuclei tematici cari all’autore, in un viaggio-pellegrinaggio nei territori della storia dell’arte, della letteratura, delle tradizioni popolari.
La mostra è a ingresso gratuito ed è aperta fino al 7 gennaio 2022; da martedì a venerdì 13.00 – 18.00, il sabato e la domenica 14.00 – 18.00. Lunedì chiuso. Per scuole e gruppi sono previste aperture su prenotazione la mattina. Occorre scrivere a: info@archiviotabusso.it.
L’esposizione è corredata da bel un catalogo critico con testi di Veronica Cavallaro, Daniela Magnetti, Elena Pontiggia e Filippo Timo.
(Roberto Tartara)