Nel suo 95° anniversario, l’Associazione Volontari Italiani del Sangue, più conosciuta col suo acronimo AVIS, conta nella sua sezione torinese 27.000 soci donatori. Si tratta della più numerosa tra le sezioni italiane, seguita da quella milanese che conta 13.000 iscritti, Sono questi i dati forniti oggi dal suo presidente, Lorenzo Ceribelli, nel corso della riunione della IV commissione Servizi sociali, presieduta da Vincenzo Camarda. Ceribelli ha sottolineato come la legislazione del nostro Paese, diversamente da altre, dispone che la donazione del sangue possa avvenire soltanto in modo anonimo e gratuito. Insomma, vendere il proprio sangue non è consentito, il che attribuisce un peso ancor maggiore al ruolo dei volontari e volontarie delle associazioni di donatori. Sangue ed emoderivati (plasma o piastrine) svolgono un ruolo decisivo in molti ambiti medico-chirurgici. “Un trapianto del fegato, oggi considerato un intervento non eccezionale, richiede la disponibilità di una cinquantina di sacche di sangue. Se si considera che un donatore in piena salute può effettuare al massimo quattro donazioni in un anno, ognuna corrispondente a una sacca, si può facilmente calcolare che per quell’intervento sono stati necessari una dozzina almeno di donatori regolari“, ha spiegato il presidente dell’AVIS torinese.
Nel 2023, l’AVIS comunale torinese ha raccolto 43.000 sacche di sangue, che corrispondono a più della metà di quelle donate in ambito di Città metropolitana e a circa un quarto di quelle raccolte in tutto il Piemonte. La nostra regione è fondamentalmente autosufficiente per le proprie necessità di sangue ed emoderivati, tanto da destinarne una parte ad altre zone del Paese. A ricevere sangue dal Piemonte è in particolare la Sardegna, isola nella quale la presenza endemica della Talassemia (conosciuta anche come anemia mediterranea) rende necessarie numerose e frequenti trasfusioni.
A 95 anni dalla costituzione del suo primo nucleo, diciassette giovani operai intorno a un singolo medico milanese, l’AVIS rappresenta oggi una delle principali realtà del volontariato nazionale, capillarmente diffusa sul territorio – ma più densamente nel Settentrione – con centinaia di migliaia di donatori e donatrici attivi. Le donne, pur potendo effettuare un minor numero annuo di donazioni per ragioni fisiologiche (la pressione arteriosa o i cicli mestruali) rappresentano un buon 40% del totale.
Dopo una fase di difficoltà nel periodo pandemico, l’AVIS torinese è ora in fase di rilancio: nell’ultimo anno, ha spiegato il presidente Ceribelli, si sono registrati 1080 nuovi donatori. La fascia di età più ampia, nel pacifico esercito della donazione, è quella compresa tra i 40 e i 55 anni. Non molto numerosi ma in aumento i più giovani, tanto che l’AVIS torinese ha recentemente ricostruito il proprio Gruppo giovani, fondamentale per le attività di promozione delle donazioni, queste non possono essere accettate da parte di minori o di ultrasessantacinquenni (il limite, su singoli casi valutati dal medico, può essere innalzato a 70 anni. Determinanti sono tutta via le condizioni di salute della persona, che vengono valutate dai medici dell’AVIS prima di ogni singola donazione, seguendo parametri fissati a livello nazionale dal Ministero della Sanità. Anche il sangue prelevato è oggetto di attente analisi, a garanzia della salute di chi lo riceverà, forse riuscendo proprio per quella singola donazione a continuare a vivere.
il tema ha particolarmente appassionato consiglieri e consigliere. Sono intervenuti, ponendo domande specifiche o sottolineando singoli aspetti, Abbruzzese, Cerrato, Diena, Garione, Iannò, Tuttolomondo e Viale. Il Consiglio comunale, negli ultimi anni, ha espresso a più riprese l’appoggio alle associazioni dei donatori di sangue, non solo con documenti approvati in aula ma anche, nel 2019, con l’organizzazione di una donazione collettiva in piazza Palazzo di Città.
Claudio Raffaelli