È durato sei giorni lo sciopero della fame di alcune detenute del “Lorusso e Cutugno” di Torino.
La protesta, iniziata il 20 gennaio, si è conclusa anche grazie all’intervento della Garante per i diritti delle persone private della libertà del Comune di Torino, Monica Cristina Gallo, che ha incontrato le donne nel carcere torinese, dopo aver appreso la notizia.
Tutto era nato dall’impossibilità di ottenere colloqui con i familiari nel periodo in cui il Piemonte era considerata zona arancione, per l’emergenza sanitaria. Il DPCM, infatti, non contempla, tra le visite ai familiari, gli incontri di congiunti residenti in un comune diverso da quello nel quale si trova l’istituto di pena.
La vicenda, che si è aggravata anche per l’impossibilità di effettuare videochiamate a causa dell’usura di smartphone e tablet molto utilizzati nel primo lockdown, si è in parte risolta con la sostituzione di nuove apparecchiature e si è normalizzata con il ritorno della Regione in zona gialla.
La questione è stata illustrata, questa mattina, dalla stessa Garante nel corso della riunione congiunta delle commissione Contrasto fenomeni di intolleranza e razzismo e commissione Pari opportunita, sotto la presidenza di Daniela Albano.
L’incontro in carcere, ha sottolineato la Garante, è stata l’occasione per fare il punto sulla condizione femminile nella struttura.
Ha sottolineato come le istanze emerse siano state immediate inoltrate alla direzione dell’istituto.
Le maggiori criticità riguardano situazioni, alcune in realtà già note: la presenza di blatte e topi, la mancanza di acqua calda nelle celle, le griglie fitte oltre le sbarre che, se da un lato impediscono il lancio di oggetti, dall’altro non lasciano filtrare la luce, umidità delle pareti in caso di pioggia.
Ma vengono segnalate anche questioni di tipo organizzativo, come la concomitanza dell’ora d’aria con visite mediche o con la doccia, o l’assenza di personale di sorveglianza per un periodo prolungato, in occasione dei cambi turno.
Situazioni per alcune delle quali l’amministrazione carceraria ha già posto rimedio mentre su altre vi sono posizioni contrastanti per le quali la Garante stessa svolgerà ulteriori approfondimenti.
Ma c’è chi pensa ovviamente al dopo. Di qui la preoccupazione per la scarsità di progetti di reinserimento.
Si sente infine la mancanza di un regolamento dell’istituto. Sarebbe utile, ha sostenuto la Garante, per far conoscere i diritti dei detenuti ma anche le regole da seguire in una struttura che oggi ospita 1400 persone.
A questo proposito, la stessa Garante ha creato un rapporto di collaborazione tra l’università e la direzione del carcere per la stesura del regolamento.
Federico D’Agostino