La Sala Rossa di Palazzo Civico ha ospitato nel pomeriggio del 23 gennaio 2023 la presentazione del programma del bicentenario del Distretto Sociale Barolo, emanazione dell’Opera Barolo, fondata dalla Marchesa Giulia di Barolo attraverso il suo testamento.
La cerimonia è stata introdotta dalla presidente del Consiglio Comunale, Maria Grazia Grippo, che ha dato il benvenuto ai presenti e ha illustrato il ricco programma di celebrazioni, che ripercorrono due secoli di storia del “Rifugio”, primo embrione dell’attuale Distretto Sociale, che si estende tra le vie Cigna e Cottolengo, fondato nel 1823 da Giulia e Tancredi, ultimi marchesi di Barolo, una “coppia fuori dall’ordinario – ha affermato – le cui scelte di vita pubbliche e private hanno lasciato nella città numerose e indelebili tracce”. In particolare, la presidente della Sala Rossa ha ricordato l’appuntamento di venerdì 3 febbraio alle ore 17 nella Sala Colonne di Palazzo Civico: il convegno “Donne private della libertà, tra passato e presente: dal Rifugio di Giulia di Barolo alla Sezione Femminile della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno”, a cura della presidenza del Consiglio Comunale di Torino e del Consiglio dell’Opera Barolo.
La professoressa Anna Maria Poggi, delegata al coordinamento del Distretto Sociale dell’Opera Barolo, ha quindi illustrato le attività presenti nel Distretto, che occupa 14 edifici e accoglie 17 realtà religiose e civili, con 100 operatori e 400 volontari, in grado di offrire assistenza a 15 mila persone ogni anno.
Gli edifici sono anche stati recentemente oggetto di una ristrutturazione – ha spiegato – che è culminata nel 2016 con l’housing sociale “Giulia”. Si tratta di uno spazio unico in città – ha concluso – in cui i cui servizi si integrano per un unico obiettivo: assumere la persona nella sua fragilità e nei suoi bisogni.
Ha poi preso la parola il presidente dell’Opera Barolo, Luciano Marocco, che ha tracciato un quadro della vita di Giulia e Tancredi Falletti di Barolo, che si conobbero e sposarono a Parigi, avendo Napoleone come testimone, e che ricevettero un’educazione cosmopolita. Non ebbero figli e si dedicarono a favorire in città la qualità sociale e a contrastare la povertà, partendo da quella educativa, in particolare delle donne, incentivando la loro formazione professionale e aprendo il primo asilo del Regno a Palazzo Barolo. Tancredi fu anche sindaco di Torino negli anni 1826 e 1827, promuovendo – tra le altre cose – la costruzione del cimitero monumentale, l’Illuminazione notturna e l’istituzione del corpo dei pompieri. Creò giardini e fontane e favorì la fondazione della Cassa di Risparmio di Torino per tutelare il risparmio delle classi più deboli. Nell’epidemia di colera del 1835 fu responsabile dell’ospedale San Luigi e fu anche lui contagiato – ha spiegato Luciano Marocco.
Lo storico Edoardo Accattino ha quindi tracciato un quadro della vita della marchesa Giulia nei primi anni dell’Ottocento, quando l’aspettativa media di vita era di 35 anni, e delle sue battaglie per aiutare le donne carcerate, all’epoca detenute in condizioni molto precarie, alla quali insegnò a leggere e scrivere e a trovarsi un mestiere, per favorire l’autonomia femminile. Nel 1818 – ha agginto – scrisse con le detenute un Regolamento carcerario, poi adottato dal Re, senza modifiche. Creò il Distretto Sociale (il “rifugio”) e altre strutture, anche per bambine, anche con disabilità (l’“Ospedaletto”), orfanotrofio, un asilo, un istituto per la formazione professionale, ecc.
Il bicentenario – ha concluso Accattino – è un’occasione per raccontare una storia poco nota, che continua ancora oggi, con istituti ricalibrati su nuove esigenze, ma che incarnano ancora lo spirito dei coniugi Barolo. È una storia di educazione e solidarietà – ha affermato – che è anche il nostro futuro.
Una storia con un carattere innovativo, che rimane ancora oggi – ha dichiarato l’assessore al Welfare, Jacopo Rosatelli – e che permette a tanti enti di lavorare insieme nel Distretto Sociale, tutti nella stessa direzione, anche con l’appoggio delle Istituzioni, unendo welfare e cultura.
Massimiliano Quirico