L’uscita dal carcere a fine pena può essere davvero un giorno di rinascita. Il principio stabilito dall’articolo 27 della Costituzione repubblicana, che sottolinea la natura rieducativa della pena, rischia però di restare lettera morta senza adeguati percorsi di reinserimento. E tornare a far parte a pieno titolo della società, richiede anche la possibilità di accedere ad un lavoro. Perché il concetto di sicurezza comprende anche la capacità, da parte del tessuto sociale, di riassorbire gli ex detenuti. Ed è stato ampiamente dimostrato come la recidiva – ovvero il tornare a commettere reati dopo la scarcerazione – registri percentuali bassissime tra coloro che hanno seguito percorsi di lavoro in carcere, acquisendo professionalità spendibili anche dopo la carcerazione.
La Città di Torino, anche attraverso l’attività del Garante per i diritti delle persone private della libertà, si muove da anni in questa direzione.
Le recenti esperienze positive realizzate nell’ambito della cura del verde pubblico, con il coinvolgimento di diverse persone detenute nel carcere torinese “Lorusso e Cutugno”, hanno rafforzato la convinzione dell’amministrazione comunale. Così, proprio questa mattina, a Palazzo Civico, è stato firmato un protocollo d’intesa fra il Comune e il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia per l’inclusione lavorativa e sociale di detenuti condannati in via definitiva, con percorsi di riabilitazione che prevedono attività svolte all’esterno del carcere.
Si tratterà di attività a beneficio della comunità cittadina, accompagnate da iniziative di formazione professionale e tutoraggio. Inizialmente, saranno una cinquantina i detenuti interessati dall’iniziativa, un numero che potrebbe successivamente anche raddoppiare.
Il documento è stato firmato, oltre che dalla sindaca Chiara Appendino, da Monica Cristina Gallo, Garante dei detenuti della Città di Torino, dal responsabile del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, dalla presidente del Tribunale di sorveglianza Anna Bello e da Gherardo Colombo, già magistrato del pool anticorruzione di Milano all’epoca di “Tangentopoli” e oggi presidente della Cassa delle Ammende (organismo ministeriale che gestisce i fondi da destinare alle azioni di recupero e reinserimento). Nel corso della conferenza stampa che ha preceduto la firma hanno preso la parola anche il direttore del carcere torinese Domenico Minervini, l’assessore Alberto Unia e la presidente della commissione consiliare Legalità, Carlotta Tevere.
Claudio Raffaelli