Diminuisce il consumo di acqua del rubinetto ma aumentano i costi e gli utili per il gestore. Questo, almeno, stando a quanto illustrato questa mattina, nella commissione Servizi pubblici locali, presieduta da Angelo Catanzaro, dai comitati per l’Acqua pubblica.
I consumi, sostengono, sono passati dal 2007 al 2020 da 600 a 400 metri cubi circa per un utente medio ma con un fatturato aumentato di oltre 70 milioni di euro.
Va ricordato che la tariffa comprende l’intero ciclo idrico integrato, dalla potabilizzazione alla depurazione.
Tuttavia, sotto la lente d’ingrandimento viene messa la composizione della tariffa che, secondo gli ospiti della Commissione, invece è costituita anche da voci che non rappresentano costi.
Tra queste, è stato puntato il dito in particolare su quella relativa alla morosità che dovrebbe essere riferita a costi/oneri realmente sostenuti dal Gestore per le insolvenze, mentre, sostengono gli aderenti al Comitato, viene calcolata forfettariamente come percentuale pari al 2,1% sul fatturato realizzato dal gestore. In questo modo, sottolineano, la voce morosità caricata in tariffa dal 2013 al 2017 ammonta a circa 24 milioni di euro ma il Gestore, negli stessi anni, ha utilizzato dal “fondo accantonamento rischi su crediti” circa 12 milioni di euro per coprire le perdite certe, caricando in tariffa esattamente il doppio del mancato introito.
Secondo il Comitato, risorse andrebbero investite nel ripristino delle reti dalle quali pare vi siano perdite fino al 35%.
Il Comitato, richiamando le norme relative alla gestione dell’acqua, evidenziano la necessità di campagne informative perché siano evitati gli sprechi, soprattutto in un periodo di siccità come quello che stiamo attraversando.
Federico D’Agostino