Minori stranieri non accompagnati è la formula, inevitabilmente burocratica, che indica uno degli aspetti più delicati dei flussi migratori. Non più bambini e non ancora adulti, sono ragazzi e ragazze (poche, queste ultime) mediamente tra i 15 e i 17 anni che arrivano nel nostro Paese attraverso viaggi spesso traumatici, su barconi a stento galleggianti. Ma c’è anche, incredibilmente, chi arriva in aereo accompagnato da un genitore che poi fa ritorno lasciando il ragazzino in aeroporto. Sono casi limite, questi ultimi, che hanno riguardato giovani albanesi, ma danno l’idea della vasta gamma di situazioni delle quali l’Ufficio Minori Stranieri della Città di Torino deve farsi carico, in sinergia con Prefettura, Fondazioni, settore del privato sociale. Nel corso di una riunione delle commissioni Servizi sociali e Pari opportunità, sono stati illustrati dei dati piuttosto interessanti relativamente al numero e provenienza dei minori stranieri non accompagnati seguiti dai servizi sociali della Città. Alla data del 31 dicembre dell’anno scorso risultavano essere 181 i minori in carico (ma sono 318 quelli seguiti nel corso dell’anno), dei quali solo 18 di genere femminile: alle ragazze, peraltro, spetta il triste primato delle esperienze più traumatiche prima dell’approdo ai nostri Servizi sociali.
A far la parte del leone, nella ripartizione per nazionalità, Paesi africani come l’Egitto (36 persone), il Marocco (24) e il Senegal (22), ma anche l’Albania (22). Di tutti questi ragazzi e ragazze, la gran parte viene ospitata in strutture di accoglienza comunitaria o in gruppo appartamento, mentre si registrano solo 8 casi di affidamento famigliare. Un altro dato fornito riguarda i minori allontanatisi dalle strutture che li ospitavano e resisi irreperibili, con ogni probabilità diretti all’estero e in particolare verso il territorio francese: 29 in tutto il 2018.
Ma non si tratta soltanto di dare ospitalità e protezione ai minori, quanto di favorirne percorsi di integrazione lavorativa e abitativa. I ragazzi e ragazze immigrati sono desiderosi di una vita autonoma a breve termine: e loro stessi, in molti casi, non apprezzano l’idea di un affidamento famigliare, che tendono oltretutto a percepire come una sorta di adozione che potrebbe separarli dalle loro famiglie d’origine. Il Comune mette quindi in campo azioni di sostegno che coinvolgono indifferentemente sia gli ospiti delle strutture SPRAR che di quelle facenti parte del Fondo Nazionale della Prefettura. Si tratta di corsi di lingua italiana, educazione alla cittadinanza, formazione professionale (carrellisti, pizzaioli, panettieri gommisti, personale di servizio per strutture ricettive). A questo proposito, ci sono ancora una trentina di ragazzi tra i 18 e i vent’anni per i quali prosegue l’attenzione relativa ai percorsi di inclusione lavorativa e abitativa.
Il fenomeno dei minori non accompagnati in arrivo a Torino non è in espansione, anzi. I casi seguiti nell’arco del 2017 erano stati 366, poi scesi, come si è detto, di una cinquantina di unità. Una flessione ancora più accentuata, tra l’altro, in altre zone del Paese come Palermo, da circa 900 a 140, o la Campania, che sull’insieme del territorio regionale, Napoli compresa, registra circa 150 minori presi in carico.
Claudio Raffaelli