Il carcere di Torino scoppia. Il sovraffollamento è ormai divenuto non un’eccezione, ma una situazione permanente. Inoltre la struttura, pur non avendo che una quarantina d’anni di vita, mostra pesanti segni di degrado. I due fattori concorrono a rendere la situazione sempre più disagevole, anzi insostenibile per le persone detenute (molte delle quali sono in attesa di giudizio o non ottengono la detenzione domiciliare perché senza dimora) e anche per chi ci lavora, in primo luogo il personale di custodia. Anche la ricaduta sul “mondo di fuori” è pesante, con un tasso di recidività che raggiunge l’80%: su dieci detenuti scarcerati, otto tornano a delinquere, anche in tempi brevissimi.
La punizione dei reati deve essere garantita, ma garantite devono essere anche la dignità delle persone e il carattere rieducativo della pena. In un carcere con un affollamento al 130% della capienza, dove si trovano anche molte persone che per situazioni di natura patologica, psichiatrica o per dipendenze di vario tipo non dovrebbero trovarsi in un luogo simili, diventano obiettivi irrealizzabili.
È su questi presupposti che la commissione Legalità, presieduta per l’occasione dal vicepresidente Enzo Liardo, ha esaminato una proposta di mozione a prima firma di Luca Pidello che impegna la Città di Torino ad agire presso il Governo per ottenere la costruzione di un nuovo istituto di pena. Un carcere strutturalmente più adeguato, nonché più integrato nel tessuto urbano rispetto a quello attuale, edificato – come altri – in base a una visione emergenziale che appartiene al passato, per la quale i penitenziari dovevano essere isolati e circondati da ampi spazi aperti per evitare colpi di mano dall’esterno. Una collocazione meno marginale rispetto all’abitato, inoltre, faciliterebbe gli spostamenti del personale dipendente, dei familiari dei detenuti per i colloqui, delle persone in semilibertà.
Il documento, che sarà prossimamente proposto al voto del Consiglio comunale, prospetta anche interventi per il parallelo recupero e riutilizzo dell’attuale struttura.
Nel corso della riunione di commissione, alla quale hanno preso parte anche gli assessori Mazzoleni e Pentenero e la Garante dei detenuti Monica Gallo, sono stati toccati anche temi quali le pene alternative e l’opportunità di strutture detentive “diffuse”, riservate alle condanne lievi o ai detenuti nella fase terminale dell’espiazione della pena. Altro elemento segnalato, la necessità di inquadrare urbanisticamente la collocazione un’eventuale nuova struttura, che richiederebbe ampi spazi. Da non sottovalutare, inoltre, il potenziale impatto sociale, nel caso non improbabile che una parte dell’opinione pubblica della zona eventualmente prescelta considerasse la nuova struttura come una fonte di pericolo o di svilimento per il quartiere circostante.
Restano aperte, in ogni caso, questioni di carattere più generale ed essenziali per ridurre le situazioni di sovraffollamento, come un maggior utilizzo delle pene alternative al carcere per i reati minori, il numero chiuso nei penitenziari – ovvero la non superabilità della capienza programmata – o gli accordi con i Paesi di origine dei detenuti stranieri.
(Claudio Raffaelli)