Il 6 maggio 1949, l’intera città si fermava per salutare per l’ultima volta il Grande Torino, dopo la sciagura aerea di Superga, avvenuta due giorni prima. La Gazzetta dello Popolo scriveva, il giorno seguente: “Ieri pomeriggio la vita della città si è fermata. Non c’è stato bisogno di ordini né di inviti: tutti hanno troncato il lavoro e le occupazioni, i negozi si sono chiusi, le case si sono vuotate e fiumane interminabili di folla sono affluite verso il centro della città. Splendeva il sole e tutti guardavano le colline, cercavano con lo sguardo Superga, la Basilica. E intanto veniva gente da tutti i paesi della provincia: in treno, in bicicletta, in automobile. Sui torpedoni e sui camion”
A distanza di settant’anni, la Città ha ricordato, con una cerimonia nella Sala Rossa di Palazzo Civico, non una squadra ma La Squadra, come è stata definita in uno degli interventi istituzionali “quella squadra capace di vincere sempre” e che “ha fatto diventare grande la nostra Torino, non solo la squadra. Ogni singolo tifoso, è stato rimarcato, porta con sé il peso di una grande eredità che va custodita, curata e trasmessa, con estremo rispetto”.
L’atto di rimboccarsi le maniche, da parte del capitano del Torino, Valentino Mazzola, per dare la carica alla squadra, ha ricordato il presidente del Torino FC, Urbano Cairo, è stato un messaggio per tutta l’Italia appena uscita dalla guerra. Quella squadra trasmetteva valori di unità, di forza, di generosità. Alla memoria collettiva hanno fatto da contraltare ricordi personali o familiari: “Gli Invincibili, in realtà erano persone semplici, Papà alla sera scendeva in strada per fumare una sigaretta, ha ricordato Ossola, figlio dell’attaccante granata. Veniva circondato da bambini che gli chiedevano di giocare a calcio e lui non si sottraeva”. “Il Torino è stata la mia vita”, ha invece esordito il giornalista Gian Paolo Ormezzano, sottolineando come la squadra granata sia la parola chiave attraverso ancora oggi le persone entrano in relazione con lui.
“Quella squadra è stata costruita da mio padre, ogni tanto lo si dimentica. Mio papà era un uomo libero, illuminato, generoso e ha costruito questa meraviglia ineguagliabile”, ha invece sottolineato la novantenne Susanna Egri, figlia di Ernst Erbstein.
Tra i presenti alla cerimonia, oltre a consiglieri comunali, autorità civili e militari cittadine e regionali, nonchè alcuni ex calciatori della squadra granata.
Federico D’Agostino
Marcello Longhin