Ricorre oggi il 41° anniversario della tragedia del cinema Statuto, nella quale persero la vita 64 persone. Pubblichiamo le parole con le quali Diego Novelli, sindaco di Torino all’epoca del terribile episodio rievocò i fatti nel 2010, in occasione dell’inaugurazione della targa commemorativa presso l’aiuola di via Cibrario, intitolata alle vittime.
” La prima riflessione che ho fatto con me stesso, è stata la constatazione che, tra i tanti drammatici fatti che ho vissuto nella mia piccola storia personale, la tragedia del cinema Statuto è quella che più mi è rimasta impressa nella memoria.
Non ricordo così i drammatici bombardamenti che ho subito durante la guerra, quando mi sono venuto a trovare in mezzo alle macerie della mia casa colpita da una bomba, tra morti e feriti. Così fra i mitragliamenti sul treno in cui viaggiavo sulla vecchia Canavesana. Per non dimenticare le atroci rappresaglie naziste a cui ho assistito, con tanti morti durante la guerra partigiana. E infine la lunga notte del terrorismo che Torino ha vissuto con particolare drammaticità.
Mi sono chiesto il perché di questo mio intenso ricordo di quella tragica domenica di carnevale. Non ho trovato una risposta. So soltanto che nella mia mente ancora oggi scorrono le immagini, come tanti fotogrammi, di quello che ho vissuto dal momento che dalla radio portatile che mi collegava con il centralino dei vigili urbani, appresi la notizia che al cinema Statuto era scoppiato un incendio e forse c’era qualche morto. Ero in macchina diretto in Municipio dove mi attendeva la solita cartella ricolma di lettere dei cittadini alle quali dovevo rispondere. Dissi al vigile che mi accompagnava in macchina, di dirigersi subito in via Cibrario.
La prima immagine fu quella di tre corpi senza vita stesi sul marciapiedi, coperti da un telo bianco.
Il fumo e l’acre odore provenienti dalla platea ci impedì di entrare subito nel cinema. Soltanto dopo una mezz’oretta, grazie al lavoro dei Vigili del fuoco, con il comandante dei Vigili Urbani e il commissario di zona fui accompagnato dentro la sala. Mi resi subito conto che le vittime non sarebbero state soltanto quelle tre distese sul marciapiedi. Altri corpi, non colpiti dalle fiamme ma intossicati dal fumo e dai veleni propagati dall’imbottitura bruciata che ricopriva le sedie, erano sparsi nella grande platea.
Ma il momento più drammatico l’ho vissuto quando un vigile del fuoco salito in galleria lanciò un grido, chiedendoci di raggiungerlo. L’immagine di quel cumulo di corpi nelle ultime file in alto verso le porte di uscita che disperatamente avevano cercato di raggiungere e che una mano irresponsabile aveva sbarrato con un chiavistello, non potrò mai più cancellarla dalla mia mente.
Iniziò subito la tragica conta delle vittime che man mano venivano trasferite nel vicino garage e distese sul pavimento.
Nel frattempo arrivarono il questore, il prefetto, il cardinale Ballestrero il procuratore della Repubblica e il capo della polizia scientifica.
La notizia ormai si era diffusa per la città. Iniziava così la più terribile notte della mia vita. Mi fu chiesto dal questore di rispondere personalmente al telefono alle decine di chiamate che giungevano da ogni parte di Torino. Erano cittadini, padri, madri, fratelli, sorelle che chiedevano notizie di un loro congiunto. Fu un compito straziante che durò sin quasi all’alba del giorno dopo, quando due dei miei più stretti collaboratori mi caricarono praticamente di peso per portarmi a casa.
Una tragedia folle, una tragedia crudele che ancora una volta si era abbattuta sulla nostra città. Non ci furono parole in quei giorni, che videro la presenza a Torino del presidente Pertini alle solenni esequie svoltesi in Duomo, che potessero in qualche modo essere di aiuto e di conforto ai famigliari.
Non ci furono allora come è impossibile averle oggi, a 27 anni dalla tragedia.
Il dolore era, ed è rinnovato, nel cuore di tutti i famigliari delle 64 vittime dello Statuto, nella dizione come è ormai passata nella storia della nostra Torino.
Anche se non può essere motivo di conforto, non possiamo però dimenticare che quella tragedia segnò radicalmente il mutamento di tutte le norme di sicurezza per i locali pubblici del nostro Paese. E se da allora non si sono più ripetuti episodi di questo genere lo dobbiamo al sacrificio delle 64 vittime dello Statuto”.