A Torino le ripercussioni della crisi automobilistica tedesca

Oggi è stato il turno dei chimici. La commissione Lavoro, presieduta da Pierino Crema, ha ascoltato i rappresentanti sindacali del settore chimico, legato all’automotive. Un appuntamento che si inserisce nell’ambito degli incontri finalizzati alla costruzione di iniziative per rilanciare la ripresa industriale nel territorio torinese.

Un’audizione, ha evidenziato Crema, utile per avere un quadro oltre il settore metalmeccanico che permetta di costruire una visione complessiva, anche alla luce delle chiusure degli stabilimenti automobilistici tedeschi, verso i quali fino ad oggi è stato consistente l’esportazione di vetri, guarnizioni, gomme, tessuti prodotti nel nostro territorio.

Massimiliano Mosca (Filctem CGIL) ha descritto come il comparto riguardi 45000 lavoratori in tutta Italia, un ambito eterogeneo con aziende di varie dimensioni, con contratti diversi, gomma, vetro, chimico.

Nel territorio piemontese, sono coinvolti 15 mila lavoratori, 5/6 mila persone, con aziende importanti come Pirelli e Michelin, ma anche aziende che producono vetri, prodotti in gomma, tessuti. La preoccupazione, ha evidenziato, è che il settore incomincia a registrare segni di crisi, con crescita di cassa integrazione. La crisi di Stellantis incide solo in parte, perché sono poche le aziende che hanno Stellantis come unico committente. Il problema principale nasce dalla crisi generalizzata dell’auto in Europa, con ripercussioni anche in questa parte della filiera, con le chiusure di stabilimenti Volksvaghen e Audi che si sono avvalse dei prodotti realizzati nel nostro territorio. In più, il taglio dei fondi per l’automotive da parte del governo è un altro segnale negativo. Avremmo bisogno di politiche industriali non solo nazionali, ma a livello europeo, ha sottolineato Mosca, perché come singoli stati non si è concorrenziali. Occorre governare la transizione, per orientarla, perché i lavoratori non paghino quella che sarà una durissima crisi. E’ convinto che servano investimenti e politica industriale a livello europeo e che bisogna decidere in fretta cosa fare per non far pagare la crisi ai lavoratori. Ha ribadito la necessità di investimenti, di innovazione, di tecnologia e di sostegno al reddito. Al Consiglio comunale chiede che si incida su livelli decisionali perché si tratta di una crisi complessiva del sistema nel quale rientra anche l’energia, le fonti di approvvigionamento, l’infrastrutturazione.

I sindacalisti, questa mattina in Commissione

Anche per Giuseppe Filippone (Femca Cisl Torino) occorre governare la transizione ma l’impressione è che non ci sia una strategia. Oggi si parla di transizione per l’auto, ha evidenziato, ma il tema riguarda trasporti, logistica i servizi. Occorrono azioni concrete, ha affermato, evidenziando come l’interesse sia quello di alzare l’attenzione su tutta la filiera dell’auto. A oggi ci sono ancora ammortizzatori che stanno attutendo la crisi ma, si chiede, cosa succederà quando termineranno.

Per Luca Burzio (Uiltec) tutte le realtà industriali rischiano di finire dentro questa crisi. Ci sono già avvisaglie per 5/6 mila famiglie. C’è la disponibilità ad affrontare il tema della transizione ma questo non può diventare il prezzo che pagano i lavoratori. Alle istituzioni, ha sottolineato, chiediamo che si adoperino per scongiurare l’immobilismo perché stando fermi si subirà la crisi.

Secondo Ciro Marino (Ugl chimici), i 5/6 mila lavoratori coinvolti sono numeri importanti che si associano agli altri 36 mila lavoratori dell’indotto. Il dato è preoccupante, gli incentivi non garantiscono produzione a Torino. Occorre risparmiare sul costo dell’energia per creare la produzione.

E’ intenzione parlare all’unisono tra enti istituzionali per un evento che lanci un segnale forte, ha sostenuto la vicesindaca Michela Favaro. La città può sostenere la transizione accompagnando piccole e medie imprese. Il territorio deve trasformarsi e aumentare la crescita di altre aziende e di creare nuove competenze non solo tra i giovani. L’obiettivo è quello di non lasciare indietro nessuno ma, ha concluso, occorre trovare altre strade con una visione nuova verso il futuro.

Federico D’Agostino