Il lavoro come chiave del reinserimento sociale di ex detenuti e detenute

I detenuti e le detenute rientreranno nella società "fuori": ma il lavoro sarà un fattore fondamentale

In carcere, dicono, il tempo sembra non passare mai. Ma alla fine, il momento di varcare i cancelli e riprendere il proprio posto in un mondo che magari è nel frattempo molto cambiato, arriva per tutte e tutti. Il tema della funzione rieducativa del carcere, esplicitamente prevista dalla Costituzione, torna costantemente nel dibattito politico e culturale di questo Paese, scontrandosi con una situazione del sistema carcerario nazionale a dir poco critica. L’avviamento al lavoro, dentro i luoghi di pena ma soprattutto una volta tornati in libertà, è uno degli elementi fondamentali per evitare le ancora troppo numerose “recidive”, ovvero il tornare a delinquere, così come per favorire il rientro nel mondo “fuori” di persone le quali, talvolta rimaste in prigione per lunghi periodi , scontata la pena  trovano difficoltà a ottenere un reinserimento che richiede in primo luogo un lavoro. Nelle diverse realtà carcerarie, in accordo con i direttori e direttrici, nonché con il Ministero della Giustizia e gli enti locali territoriali, operano molteplici associazioni e soggetti del Terzo Settore, che cercano di offrire servizi e opportunità a detenuti e detenute.

Tra queste c’è la Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri Onlus, attiva in ambito penale da circa mezzo secolo, il cui direttore della formazione Martino Zucco-Chinà è stato oggi invitato ad una riunione congiunta delle commissioni Legalità e Lavoro, presiedute rispettivamente dai consiglieri Luca Pidello e Pierino Crema. nell’ultimo decennio, ha spiegato Zucco – Chinà, la Fondazione ha offerto formazione professionale a più di 5000 persone incarcerate in dodici penitenziari del Piemonte, il 40% delle quali sono state poi inserite in percorsi lavorativi presso varie aziende  del territorio. A Torino, la Fondazione opera presso il carcere circondariale “Lorusso e Cutugno” e nell’istituto penale minorile “Ferrante Aporti”, erogando 4900 ore di corso che coinvolgono 160 detenuti (punto dolente è la sezione femminile del carcere, priva di spazi adeguati per queste attività).

Vari gli ambiti di attività: in primo luogo, la formazione professionale nei settori manutenzione verde, ristorazione, edilizia, sartoria (ma quanto servirebbe, secondo la Fondazione, avere  nelle carceri spazi e attrezzature per formare meccanici e operai specializzati, tanto richiesti dalle aziende piemontesi!). Ci sono poi, complementari alla formazione, i servizi di orientamento e inserimento lavorativo (ad esempio il progetto LEI, Lavoro Emancipazione inclusione, rivolto ogni anno a una cinquantina di donne in carcere) e infine l’innovazione sociale, ovvero lo sviluppo di metodologie e contesti adeguati a un contesto in continuo cambiamento. La Fondazione Casa di Carità , è stato spiegato, fa parte del consorzio nazionale OPEN, che raccoglie gli enti che si occupano di formazione e inserimento sociale di persone detenute o uscite dal carcere in Piemonte e in altre cinque regioni del Paese.

C.R.