Sono state parole dure, quelle pronunciate dai responsabili sindacali della Polizia Penitenziaria durante l’incontro con la commissione Legalità, svoltosi questa mattina a Palazzo Civico. Dagli interventi dei sindacalisti, in rappresentanza di otto diverse sigle confederali e autonome, è emersa una realtà dell’universo carcerario torinese che è apparsa terribile.
A partite dal sovraffollamento (1500 uomini e donne detenuti al carcere Lorusso e Cutugno, progettato per meno di un migliaio) e dalla fatiscenza delle strutture carenze igieniche fino alla massiccia presenza di ratti e scarafaggi, personale di custodia in numero insufficiente e chiamato a carichi di lavoro insostenibili, assenza di quadri direttivi in misura adeguata. Scarseggiano poi i mediatori culturali, in un contesto dove i detenuti non italiani, hanno sottolineato i sindacalisti, superano il 60%. Inoltre, vi è la presenza di non pochi detenuti con gravi patologie psichiatriche, rinchiusi nella prigione per mancanza di strutture adeguate e che rappresentano un ulteriore problema per le guardie carcerarie, prive di una formazione adeguata nel rapportarsi a queste persone. Un carcere che non rieduca ma finisce anzi per essere criminogeno, è stato a più riprese sottolineato, dove il malessere – comune ai detenuti e a chi nel carcere ci lavora – e le tensioni sfociano sempre più facilmente in esplosioni di violenza.
Secondo i dati contenuti in un comunicato unitario delle organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria, distribuito ai componenti della commissione consiliare presieduta da Luca Pidello, da gennaio ad oggi ci sono stati nel solo carcere torinese 35 casi di aggressione ai danni di agenti, con 61 di essi che hanno riportato feriti, in alcuni casi anche molto gravi.
A detta dei sindacalisti, non vi sono state sufficienti manifestazioni di solidarietà da parte delle istituzioni, le quali si sono invece costituite come parte civile nella vicenda giudiziaria su presunte violenze ai danni di detenuti. Anche nell’Istituto per i minori “Ferrante Aporti” (nel quale vi sono detenuti anche di 20-25 anni, che hanno compito il reato quando erano minorenni) ci sono stati casi simili, seppure su scala minore e in un contesto difficile ma meno problematico, anche per la ridotta popolazione carceraria.
In questa situazione, i sindacati della Polizia penitenziaria, molto critici verso la dirigenza delle strutture carcerarie e da giorni in stato di agitazione, hanno reclamato maggiore attenzione da parte di tutte le istituzioni, dal Ministero della Giustizia al Comune. Molte le richieste, da investimenti per migliorare le strutture di detenzione all’incremento del numero degli agenti di custodia, per i quali è chiesta anche una migliore formazione, da una maggiore presenza di personale specializzato (psicologi, medici, educatori, mediatori culturali) fino a un protocollo che stabilisca chiare regole di ingaggio nei momenti critici. Quest’ultima richiesta, hanno evidenziato i sindacalisti, nasce anche dall’esigenza di non lasciare i lavoratori senza direttive precise a fronte di emergenze che devono comunque affrontare, rischiando poi di ritrovarsi da soli a fronte di eventuali procedimenti giudiziari che ne dovessero scaturire.
Ampio il dibattito che è scaturito i Commissione dopo i numerosi interventi da parte della delegazione sindacale. Hanno preso la parola il vicepresidente Liardo e i consiglieri e consigliere Crema, Iannò, Borasi, Greco, Ciampolini, Viale, Catizone, Crosetto e Diena, esprimendo, pur con sfumature diverse, preoccupazione per la situazione e solidarietà con una categoria che sta vivendo una situazione difficile, come è difficile la situazione di chi vive il carcere da recluso. E la politica nazionale, complessivamente e con responsabilità diverse a seconda dei punti di vista, non ha saputo mettere in atto strategie strutturali. Il Comune non ha competenze proprie in questo delicato ambito, ma la disponibilità a lavorare su terreni come quello della rieducazione e delle iniziative in favore del reinserimento degli ex detenuti è totale. L’attenzione da parte della Commissione consiliare per la Legalità, ha voluto precisare il presidente Pidello (che ha ricordato anche l’azione costante della Garante dei detenuti della Città di Torino) è stata e sarà costante, sia verso il carcere Lorusso e Cutugno che nei confronti del Ferrante Aporti. Perché il carcere, con chi vi è recluso e chi vi lavora, è parte integrante della comunità.
Claudio Raffaelli