La siccità può trasformarsi rapidamente in crisi idrica. Dopo l’estate caldissima e asciutta appena trascorsa, il mese di ottobre ha registrato, nell’area torinese un desolante – 50% per quanto riguarda le piogge (da -15% fino a – 85% in altre zone del Piemonte: e novembre, da parte sua per ora non promette bene, visto che nella prima settimana si sono registrati 14 millimetri di pioggia contro precipitazioni medie, nello stesso periodo, tra i 50 e gli 80 millimetri. Un dato che, unitamente alla riduzione dei ghiacciai – in alcune zone dell’arco alpino ormai quasi spariti dal versante italiano – e all’incremento delle temperature, non può che allarmare tutti: a cominciare da chi ha come proprio compito il garantire acqua, a scopo potabile ma non solo, a ben 280 Comuni, Torino compresa.
Proprio a questo proposito Paolo Romano e Armando Quazzo, rispettivamente presidente e l’amministratore delegato di SMAT, sono stati invitati a Palazzo Civico dalla VI commissione Ambiente, presieduta da Claudio Cerrato. I due esponenti apicali dell’azienda di corso XI Febbraio, che gestisce il servizio idrico per due milioni di abitanti, hanno riassunto la criticità in prospettiva della situazione ma, soprattutto, hanno illustrato le strategie messe in atto in vista di prevedibili, future difficoltà relative alla disponibilità idrica.
Nei programmi illustrati risaltano gli interventi sulle perdite della rete idrica (vicine al 22 % a Torino ma con una percentuale che in provincia sale oltre il 27%), la digitalizzazione dei contatori per il riscontro in tempo reale dei consumi anomali e il potenziamento dei bacini di riserva, con la realizzazione di un secondo invaso che, insieme a quello già esistente presso La Loggia, conserverà 7 milioni di metri cubi di acqua provenienti dal Po: un volume pari, una volta potabilizzato, a più di due mesi di fabbisogno idrico.
Attualmente, gran parte dell’acqua che sgorga dai nostri rubinetti proviene da pozzi che attingono dalle falde acquifere a una profondità media di 130 metri sotto il livello del suolo. Ma in un contesto di futuro incerto anche le dighe, originariamente sorte allo scopo di produrre energia idroelettrica, assumono un’importanza strategica anche per l’uso idropotabile e per l’irrigazione (è proprio l’agricoltura ad assorbire la grande maggioranza dell’acqua disponibile). È il caso degli invasi artificiali di Rochemolles e Locana-Gran Paradiso, per alimentare gli acquedotti della Valle di Susa fino a Rivoli e di quella dell’Orco fino al cuore del Canavese.
Un rilevante progetto di SMAT è poi quello relativo alla costruzione della nuova diga di Combanera -Tournon (della capienza di 50 milioni di metri cubi): redatto negli anni Novanta, il progetto è ora in fase di revisione. Il nuovo impianto della Valle di Viù, una volta realizzato, potrà garantire l’erogazione nell’area torinese di cento milioni di metri cubi ogni anno e potrà consentire la produzione annua di 80 milioni di kwh nelle centrali idroelettriche a valle della diga. Le novità non sono finite. L’azienda che cura il nostro servizio idrico sta progettando anche l’installazione di pannelli solari flottanti sui bacini di riserva prima citati: oltre a produrre energia rinnovabile, ridurranno l’irradiazione solare sull’acqua, moderandone così la temperatura e riducendo la presenza di alghe da eliminare durante il processo di potabilizzazione.
Claudio Raffaelli