Ne sono affette moltissime persone in Italia, ma è una malattia non inclusa nei LEA (Livelli essenziali di assistenza), che può avere conseguenze invalidanti ma non è considerata ai fini del riconoscimento dello stato di invalidità. Si tratta della fibromialgia, e quel “moltissime persone affette “significa, secondo dati della Società Italiana di Reumatologia (SIR), circa 1.200.000 persone, delle quali quasi metà segnate dalla patologia in misura grave o molto grave. In maggioranza si tratta di donne in età adulta, per molte delle quali il disagio e la sofferenza sono acuite dal fatto che spesso, in parallelo, sviluppano un’ulteriore patologia, la vulvodinia.
Per questo l ’Associazione Fibromialgia Italia (AFI-OdV) ha fatto appello alle municipalità italiane per una campagna nazionale volta ad ottenere riconoscimento e adeguata assistenza per chi soffre di questa subdola patologia, cronica e non sempre rapida da diagnosticare. Soffre è la parola giusta, perché le persone fibromialgiche sono afflitte da dolori muscolari lancinanti in varie parti del corpo, associati ad affaticamento, rigidità, insonnia, problemi di memoria e alterazioni dell’umore. Un problema drammatico anche per la singola persona, immaginiamone più di un milione costrette, in varia misura, a convivere con questi sintomi.
La videoconferenza che si è svolta questa mattina ha visto la partecipazione di rappresentanti di varie città italiane, ai quali si è aggiunta la presidente della commissione Sanità del Senato della Repubblica. Oltre a Torino, rappresentata dal presidente della Commissione consiliare Sanità e Servizi sociali, hanno preso parte all’iniziativa sindaci e amministratori locali di Mantova, Ancona, La Spezia, Rimini e altri capoluoghi di provincia, ma anche altri centri quali San Benedetto del Tronto e Falconara Marittima, nelle Marche, o Sortino, nel Siracusano.
In tutti gli interventi, la coscienza di quanto sia ormai divenuto impossibile aspettare oltre per allineare l’Italia ai diversi altri Paesi dell’Unione Europa che riconoscono formalmente questa sindrome e offrono sostegno adeguato, non solo sul piano medico, a coloro che ne sono colpiti. E un impegno comune per proseguire su questa strada.
Claudio Raffaelli