Sono legati a quelle case e a quel villaggio Santa Caterina che rappresenta la loro seconda vita. Siamo a Lucento, corso Cincinnato, qui una buona parte di esuli istriani fiumani e dalmati hanno ricominciato a vivere, oltre sessant’anni fa.
Una comunità che si è integrata nel quartiere e che continua ad essere punto di riferimento, partecipando allo sviluppo della Circoscrizione e dell’intera città. Lo ha sottolineato il presidente della Circoscrizione 5, Marco Novello, aprendo la cerimonia che si è svolta questa mattina all’angolo con via Pirano, dove è posta la lapide a ricordo dell’esodo.
Una cerimonia che, per l’emergenza sanitaria, non ha visto, come in passato, il tradizionale corteo ma ha registrato comunque la partecipazione delle istituzioni, dei rappresentanti dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e molti cittadini, rispettosi dei distanziamenti imposti dalle norme.
Maurizio Marrone, per la Regione Piemonte, si è soffermato su quanto le istituzioni devono ancora fare per questa comunità mentre il presidente dell’Associazione, Antonio Vatta, ha sottolineato come in realtà sia difficile il dialogo con Regione e Comune, soprattutto per la manutenzione delle case degli esuli, “orgogliosi di continuare a vivere in questo quartiere”.
Per la Città è intervenuto il vice presidente del Consiglio Comunale, Enzo Lavolta: “Il nostro compito – ha esordito – non è quello di stropicciare la storia e di attribuirne un significato di parte, non è quello di ricostruirla in base alle nostre esigenze ma è quello di ricordarla per quello che è stata, una delle pagine più tristi del secolo scorso, che avrebbe dovuto essere un momento di pacificazione mentre per migliaia di persone è stato un momento tragico, in cui hanno abbandonato la propria terra, i propri cari, gli oggetti personali i propri ricordi. Sono contento, ha aggiunto, che ci siano momenti simbolici che ci aiutano ad andare avanti, a dire che ogni volta che si abbraccia la violenza si sta dalla parte sbagliata della storia. Oggi, ha concluso, occorre lavorare perché i legami sociali e le comunità siano più coese e più forti a partire da questo territorio, da questi edifici simbolo dell’accoglienza che è parte integrante della storia della nostra comunità torinese”.
Federico D’Agostino