Chiudere gli
istituti per realizzare i Diritti Umani delle persone con disabilità
(di Giovanni
Marino*) *Presidente nazionale ANGSA
(Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici). Presidente della Fondazione Marino per l'Autismo
ONLUS.
Chiudere
finalmente i grandi istituti e accogliere le persone con disabilità non
autosufficienti in strutture di piccole dimensioni, inserite in un preciso
contesto sociale.
Ma la
vera deistituzionalizzazione deve passare anche per un coinvolgimento sempre
maggiore delle famiglie.
Una
riflessione successiva alla triste vicenda dell'istituto-ghetto di Serra
d'Aiello, in provincia di Cosenza, di cui Superando.it sta seguendo gli
sviluppi Serra
d'Aiello [la località in provincia di Cosenza, ove è sito
l'istituto-ghetto del quale Superando.it segue da anni la triste vicenda,
N.d.R.] non è un caso isolato. Ci sono infatti altri
esempi nel nostro Paese, anche se non si registrano fenomeni di degrado che arrivano
alla disumanità, come in questo caso specifico.
Il
problema di fondo, però, è il concetto della deistituzionalizzazione
delle persone disabili e non autosufficienti. È stato facile nel
passato costruire grandi centri che poi sono diventati centri di potere
e di malaffare a spese delle persone ricoverate. Era anche il tempo in
cui, purtroppo, le famiglie si vergognavano di mostrare un figlio disabile
e lo "chiudevano" (ricordate questa definizione
che è esplicativa della condizione?) presso un istituto, senza quasi mai
andarlo più a trovare.
La politica ci guadagnava perché assumeva personale per scopi clientelari e le
persone soffrivano come nemmeno oggi nel Darfur, ma nessuno si
scandalizzava. La Sofferenza non fa notizia, mentre se una famiglia abbandona
un cane in autostrada... apriti cielo... (con tutto il
rispetto, ovviamente).
Il
bisogno di riconoscere dignità e rispetto della persona impone dunque
che questi centri vengano chiusi subito.
È
necessario che i disabili non autosufficienti siano deistituzionalizzati
e quindi accolti presso strutture di piccole dimensioni e inseriti
in un contesto sociale. Solo così si potrà riconoscere e
garantire la dignità umana.
Ma la
struttura di piccole dimensioni non potrà diventare automaticamente un
"non istituto", se le famiglie continueranno a lasciare i loro figli,
senza più occuparsi della loro assistenza e dei loro bisogni.
È
necessario perciò incoraggiare una politica di coinvolgimento della
famiglia nel processo di vita indipendente della persona disabile.
Ricordo a questo proposito uno slogan caro alle più grandi associazioni
nazionali della disabilità: Nulla su di Noi Senza di Noi.
Bisogna spiegare
ai politici che in questo cambiamento non si possono confrontare i costi di
gestione di un istituto con quelli di una struttura di pochi posti letto. Anche
uno sprovveduto potrà capire che i costi saranno maggiori (anche
se a Serra d'Aiello la retta pro capite era astronomica!), ma la
qualità di vita sarà migliore e con il tempo diventerà minore
la domanda di assistenza, con il conseguente calo degli stessi costi
di gestione.
Bisogna
infine far capire al mondo della politica che è determinante il ruolo
delle famiglie oppure delle associazioni che rappresentano quella
disabilità, quando si tratta di organizzare una politica di assistenza.
Infatti, se si rendono protagoniste le famiglie o le loro associazioni, non
ci saranno più casi come quello di Serra d'Aiello.
La
Fondazione che ho creato per ospitare otto persone con autismo prevede
che le famiglie siano parte del Consiglio di Amministrazione per il
semplice loro diritto/dovere di essere protagoniste delle scelte
assistenziali e di vita dei loro figli.
Non può che essere questo il percorso verso la vera deistituzionalizzazione