San
Donato |
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Le prime tracce
storiche di Borgo San Donato risalgono
al 1536, quando le truppe francesi
devastarono l'abitato e distrussero
la chiesetta dedicata a San Donato.
La via San Donato fu chiamata così
a partire dal 1835, mentre prima
era detta strada del Martinetto
perché conduceva al borgo omonimo,
che deve il suo nome ai magli (martinetti)
azionati dall'acqua del canale della
Pellerina, che qui si divideva a
formare il canale di Torino.
Il borgo San Donato, pur essendo
"fuori le mura", aveva una posizione
molto privilegiata, trovandosi sulla
strada reale di Francia, corrispondente
all'odierno corso Francia. Durante
il XVII e il XVIII secolo dimostrò
una spiccata vocazione agricola,
grazie ad un ottimo sistema di irrigazione
che facilitava la coltivazione di
orti. Molti artigiani si stabilirono
nel borgo, attratti dal canale di
Torino che forniva energia a basso
costo.
Il borgo è sempre stato propizio
alle industrie alimentari: Pier
Paul Caffarel nel 1826 in via Carena
aveva rimodernato un laboratorio
di cioccolata ancora oggi famoso,
e la prima fabbrica di birra venne
qui fondata da Bosio e Caratsch.
Il 10 gennaio 1851 l'allora sindaco
di Torino, Bellono, citò in una
relazione il piano di sviluppo per
la zona ovest della città di Torino
che costituì l'atto di nascita del
borgo.
A metà del XIX secolo San Donato
non era aperta campagna, come altre
zone di Torino, ma vi erano già,
ben delineati, tre nuclei abitativi.
In regione Valdocco vi era l'agglomerato
intorno all'antica fabbrica di armi
(sull'attuale via Livorno) dipendente
dal ministero della guerra. Era
una presenza importante perché dava
lavoro a molti degli opifici sorti
sul territorio circostante, soprattutto
del settore meccanico e dei pellami.
La zona del Martinetto rivestiva
una certa importanza grazie alla
presenza del canale omonimo e di
quello di Torino. Vi era una fabbrica
di cardatura di stoffe e lane, una
di maiolica e numerosi piccoli opifici
e laboratori artigianali. Esisteva
infine un terzo polo, quello del
Bruciacuore, a metà di via San Donato,
abitato dalla popolazione più povera
di tutto il quartiere; qui avevano
sede due importanti concerie: la
Martinolo, sorta dopo la Restaurazione
e la Fiorio sorta nel 1837. San
Donato era dunque un borgo con un
tessuto complesso, con alcuni caratteri
particolari che, conservandosi a
lungo, ne condizionarono lo sviluppo
successivo.
La popolazione era molto varia:
contadini, braccianti, artigiani,
lavoranti a domicilio, operai, piccoli
commercianti. Gli immigrati provenienti
da tutto il Piemonte determinarono
un importante sviluppo demografico
(5200 abitanti nel 1862).
Nella seconda metà dell'Ottocento
fu ancora l'antico tracciato dei
canali a determinare la localizzazione
dei nuovi insediamenti. All'inizio
del 1870 entrò in funzione la condotta
di forza motrice della Ceronda,
che sembrò costituire una nuova
occasione di espansione produttiva.
In realtà si limitò a fornire un
sussidio energetico agli opifici
esistenti.
Verso la fine del secolo il quartiere
si estese con le costruzioni intorno
a corso Francia e via Cibrario e
con l'apertura di corso Regina Margherita
fino alla cinta daziaria del Martinetto.
Le tre arterie principali di via
San Donato, via Cibrario e corso
Regina vennero a costituire dei
veri spartiacque che caratterizzarono
a livello sociale e professionale
la popolazione. La zona del Valdocco
era abitata dagli operai dei cotonifici;
la zona del Martinetto da quelli
delle concerie; la zona di via Cibrario,
di carattere più residenziale, ospitava
commercianti, impiegati e studenti.
Proprio qui le vie Piffetti e Cibrario
accolsero villini e case borghesi
modellate sul gusto Art Nouveau.
In via Piffetti i villini residenziali
progettati da G. Gribodo si distinguono
per i particolari dei piccoli ingressi
e per i balconi: sfingi, innumerevoli
fiori e motivi desunti dall'architettura
nordica si confondono in quella
favola liberty destinata a spingersi
fino alle vie Salbertrand, Servais
e Pietro Cossa (villino del n. 88).
In via Principi d'Acaja 11 vi è
il capolavoro di Pietro Fenoglio:
villa La Fleur con la facciata coronata
da garbati ferri battuti. Altri
edifici notevoli sono il villino
Raby di corso Francia 8 e il palazzo
di via Cibrario 65 ove morì il poeta
Guido Gozzano.
Nel corso dei primi anni del Novecento
ebbero inizio i lavori di copertura
del canale di Torino, proseguiti
poi negli anni cinquanta. L'avvento
dell'energia elettrica favorì l'allontanamento
degli imprenditori: una volta perso
il legame con il canale essi cercarono
spazi più ampi per le loro imprese.
Al termine della prima guerra mondiale
le industrie che risultavano presenti
nel censimento del 1911 erano ancora
tutte efficienti, ma già intorno
agli anni trenta e nei primi anni
quaranta la Talmone, la Bosio, la
Laurenti e altre si trasferirono.
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