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dati agosto 2013 - non aggiornati
Tra
i tanti fatti curiosi legati al
territorio della Circoscrizione,
il più rilevante è
senza dubbio la documentata presenza,
nel 1556, di un ospite prestigioso
e notissimo: il veggente, astrologo
e profeta Michael de Nostradamus.
Il famoso scienziato, autore delle
di-scusse Centurie e dei Presagi,
lasciò una lapide quale
segno tangibile della sua presenza
a Torino e in particolare nella
zona della Pellerina.
Egli, infatti, alloggiò
presso la medievale cascina Morozzo,
appartenuta ad una principessa
sabauda, chiamata Vittoria, alla
quale si deve l'altro nome con
cui è nota la cascina:
Villa La Vittoria. La strada antica
di Collegno che partiva dall'attuale
via Cibrario, all'altezza di via
Clemente, proseguiva verso nord
fino a lambire la villa. Fino
agli anni trenta del XX secolo,
sulla strada della Pellerina si
trovava un antico segnale: "Villa
La Vittoria detta il Morozzo".
La lapide rimase murata all'interno
di ciò che restava dell'edificio
fino agli anni Quaranta, poi scomparve
misteriosamente. Il testo della
lapide oscuro e sentenzioso diceva:
"1556 / Nostradamus alloggiò
qui dov'è il Paradiso,
l'Inferno, il Purgatorio, io mi
chiamo la Vittoria; chi mi onora
avrà la gloria, chi mi
disprezza avrà la completa
rovina".
Attualmente non resta nulla di
questa cascina; infatti anche
l'ultimo tratto di muro che aveva
resistito al passare dei secoli
è stato abbattuto nel 1982
per consentire la sistemazione
della scarpata che da via Sismonda
scende verso corso Appio Claudio.
Nella stessa zona anche la cascina
Parella divenne nota per un'originale
iniziativa di carattere tecnico-scientifico.
Tra il 1763 e il 1765 sorse lungo
la scarpata che scende verso il
canale della Pellerina una stazione
sperimentale idraulica che riscosse
fama europea. L'ideatore dell'opera
fu Francesco Domenico Michelotti,
professore della Regia Università
di Torino. L'edificio, che aveva
un'insolita struttura a metà
tra il castello e la torre, serviva
alla sperimentazione e misurazione
della potenza delle acque mediante
l'uso di canali e canaletti con
percorsi e pendenze diverse. La
grande quantità di acqua
necessaria a tali esperimenti
proveniva da due condotte derivate
dalla roggia detta la "Corsola",
dirottata dalla Dora.
Gli studi del Michelotti, vanto
dell'idraulica torinese, costituirono
in seguito un importante punto
di riferimento nella costruzione
dei grandiosi impianti idroelettrici
sorti sulle Alpi. Oggi di quell'opera
non restano che poche tracce,
lungo la scarpata verso la Pellerina
da corso Monte Grappa all'imbocco
di via Boselli. Qui è ancora
visibile un imponente arco a tutto
sesto in mattoni a vista con un
cancello in ferro battuto, che
probabilmente era l'ingresso dello
stabilimento idraulico.
La leggenda vuole che gran parte
del territorio del quartiere sia
in qualche modo legata addirittura
al diavolo. In particolare la
Tesoriera è stata per molto
tempo associata a questa figura:
la fantasia popolare impose al
Parco della villa il nome di Giardin
del Diav a causa delle apparizioni
ripetute del fantasma di un cavaliere
solitario avvolto in un mantello
nero bordato di rosso che usciva
dalla villa nella notte e vagava
per la campagna circostante. Alcuni
ritenevano si trattasse proprio
dell'ombra del tesoriere del re,
primo proprietario della villa.
Accanto alla leggenda c'è,
tuttavia, anche la testimonianza
reale dell'attuale guardiano della
Tesoriera, che abita al suo interno
da circa vent'anni. Egli e i suoi
familiari assicurano di avvertire
all'interno dell'edificio una
presenza particolare e di aver
visto più volte la figura
di una giovane ragazza aggirarsi
per le sale. Inoltre affermano
di essere stati sfiorati e anche
calpestati da questa misteriosa
donna con la quale, però,
sembra abbiano instaurato un rapporto
di pacifica convivenza.
Il quartiere ha anche un primato
di tutt'altro genere: lungo la
sua via San Donato sono sorte,
infatti, due tra le più
importanti e famose fabbriche
di cioccolato torinesi. In via
Avet, nel 1818, nacque la piccola,
ma efficientissima fabbrica di
cioccolato di proprietà
del cittadino elvetico Caffarel.
Nel 1826, la fabbrica ricevette
un grande impulso dalla creazione
della società Caffarel
e Prochet, che permise l'acquisto
di macchinari avveniristici per
l'epoca, come i mulini per la
macinazione del cacao, le frantumatrici
di nocciole e le impastatrici
azionate da una grande ruota ad
acqua.
A sua volta Michele Talmone aprì
nel 1850 il suo stabilimento per
la lavorazione del cacao in via
Balbis 19. Allora il cioccolato
era venduto in scatole di latta
ermeticamente chiuse presso i
più rinomati droghieri,
confettieri e anche farmacisti.
Talmone fu uno dei primi industriali
a credere nella pubblicità
e fu proprio lui a commissionare
il manifesto pubblicitario dei
"due vecchietti", creato
nel 1890 dal tedesco Ochsner,
che apparve sui muri di mezzo
mondo, entrando così a
far parte della vita quotidiana
di almeno tre generazioni.
Probabilmente è ad uno
di questi due cioccolatai che
si deve il famoso detto piemontese
"fe 'na figura da ciocolatè".
Si tramanda, infatti, che il re
Carlo Felice fosse solito uscire
da Palazzo Reale a bordo di una
carrozza trainata da quattro cavalli
di pura razza, per fare un giro
attraverso piazza Castello, suscitando
l'ammirazione generale dei suoi
sudditi. Un fabbricante di cioccolato,
di cui purtroppo la storia non
ha tramandato il nome, che si
era arricchito grazie alla nuova
moda, si permise di imitare il
suo sovrano, aggirandosi per la
stessa piazza con quattro cavalli
attaccati alla sua vettura. Si
narra che il re, notevolmente
indispettito dal comportamento
del cioccolataio, per non fare
più na figura da ciocolatè
da quel giorno decise di maggiorare
le spese di scuderia e pretese
di avere un attacco a sei cavalli.
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