Parco
della Tesoriera - c.so Francia 192
30 maggio - 2 giugno
2002
Dal
30 maggio al 2 giugno torna al Parco della
Tesoriera “Occitanica”. La quarta
edizione, proseguendo sulla linea di apertura
a cultura diverse e minoritarie, presenta
un folto programma dedicato ai Rom.
L’etnia
occitana, radicata in alcune valli delle alpi
occidentali, è certamente la più
numerosa per appartenenza tra le minoranze
presenti nel territorio piemontese e una delle
più attive e vivaci. Da alcuni anni
si assiste a un rinato interesse e a una costante
crescita di consensi nei confronti della cultura
provenzale cisalpina, le sue danze, i canti
e gli strumenti tradizionali.
Occitanica,
organizzato dal Folkclub e dalla Circoscrizione
IV in collaborazione con le associazioni occitane
Espaci Occitan, Eurocongres e Paratge, con
l’Ufficio Nomadi della Città di
Torino, con le associazioni Opera Nomadi e
Aitzo, e con Radio Beckwith (che è
anche emittente ufficiale del festival), con
il sostegno della Regione Piemonte, della
Provincia di Torino, della Heineken e della
Cooperativa Musica da Bere, è il primo
festival dedicato alla cultura occitana che
si svolge al di fuori del territorio geografico
delle valli occitane, la prima e, unica occasione
istituzionale in cui la cultura occitana “scende
dalle valli” e approda in città.
Fin
dalla prima edizione, Occitanica si è
connotata come luogo dell’apertura culturale,
non celebrazione della “purezza”
di una tradizione e di una cultura, ma luogo
in cui quella cultura si mette in gioco, incontra
un pubblico metropolitano e deve cercare un
terreno di dialogo, di incontro. In quest’ottica
di apertura e di dialogo interculturale, dalla
seconda edizione, si è deciso di ospitare
ogni anno una cultura “ospite” che
avesse tre caratteristiche fondamentali, comuni
alla cultura occitana: una forte identità,
una posizione numericamente minoritaria, una
grande e ricca tradizione culturale. Il primo
anno furono i baschi, il secondo gli aborigeni
australiani, quest’anno è la volta
della cultura Gitana. Sabato 1° giugno
si terrà una tavola rotonda sulla cultura
Rom, mentre domenica 2 giugno si terrà
una vera e propria festa tzigana, con canti,
balli e cibi tradizionali.
Quest’anno,
poi, sarà ampliato il “villaggio”
che fa da contorno all’esibizione dei
gruppi musicali: liutai, artigiani del legno,
produttori di formaggi tipici, una fornita
libreria sulla cultura occitana, renderanno
più piacevoli e interessanti le pause
tra un concerto e l’altro.
Come
è ormai tradizione, nel corso della
manifestazione si svolgerà la prima
competizione nazionale di cultura tradizionale
occitana Crous Occitanica, articolata in tre
sezioni: musica, danza e cultura. Per quanto
riguarda le prime due sezioni la partecipazione
è gratuita e aperta a tutti, una qualificata
giuria, sceglierà il miglior suonatore
di organetto diatonico, il miglior suonatore
di ghironda (sulla base dell’esecuzione
di 2 pezzi scelti dal partecipante) e la migliore
coppia di danzatori (sulla base dell’esecuzione
di un valzer, una curento e una mazurka).
Ai
vincitori della sezione musica verrà
assegnato un premio di 250 Euro; ai vincitori
della sezione danza verrà assegnato
un corso di danze tradizionali a scelta per
un costo non superiore a 250 Euro complessivi.
Per la sezione “Cultura” verrà
assegnata la Crus Occitanica d’oro a
un personaggio che si è particolarmente
adoperato nella salvaguardia e nella valorizzazione
della cultura occitana.
E’
confermata la presenza nello staff organizzativo
di Radio Beckwith, come radio ufficiale del
Festival. La dinamica emittente valdese seguirà
assiduamente Occitanica con un’ora al
giorno di approfondimenti sulla cultura occitana,
collegamenti in diretta dal Festival e interviste.
L’ingresso
è gratuito per tutte le iniziative
di Occitanica, sia il palco che l’area
destinata al pubblico sono coperti, .in caso
di pioggia, quindi, il programma non subirà
variazioni.
L'universo
Romanò
I Rom, i Sinti, i Manouches, i Kalé,
i Romanichals - i cinque grandi gruppi che
con i loro sottogruppi costituiscono il paradigmatico
universo romanò e che noi continuiamo
a chiamare volgarmente "zingari"
- sono un popolo di antichissima origine indiana.
Furono i filologi, più che gli storici,
a stabilirne la provenienza, a partire dal
1763, quando lo studioso ungherese Istvàn
Vàlji accostò la lingua che
sentiva parlare dai rom che abitavano nel
suo paese a quella ascoltata, casualmente,
da un gruppo di studenti provenienti dalle
coste del Malabar.
Ancora
oggi non si sa esattamente perché i
Rom lasciarono l'India. Si ipotizzano guerre
o carestie e si ritiene che il primo esodo
sia avvenuto intorno all’anno Mille,
verso la Persia, dove alcuni si sedentarizzano,
mentre altri, con l’espansione araba,
raggiungono l’Armenia, il Caucaso e l’impero
bizantino. Da queste dispersioni nasceranno
i due gruppi principali: i Rom, che resteranno
nei paesi orientali, e i Sinti che andranno
verso occidente.
In
Europa, e quindi anche in Italia, Rom e Sinti
arrivano intorno al 1400, descritti come grandi
nuclei familiari guidati da capi che si proclamano
nobili, wajvoda, nei paesi slavi, e conti
e duchi in Germania e nell’Europa occidentale.
Nonostante questo la loro storia è,
sostazialmente, una vicenda di discriminazioni
e persecuzioni che sfocia, in tempi più
recenti, nello sterminio nazifascista: almeno
500mila vittime condannate a morte insieme
agli ebrei. 
Oggi
nel mondo Rom, Sinti, Manouches, Kalé,
Romanichals sono almeno 12 milioni di persone.
Uomini, donne e bambini di cui si sa troppo
poco, che vivono una realtà difficile,
oggetto di un vero e proprio genocidio culturale
prima che fisico, che li costringe nei campi
sosta, giganteschi agglomerati inumani che
cancellano soggettività e possibilità.
Se
Rom e Sinti sono tra noi da più di
600 anni, sono anche portatori di una cultura
antichissima, capace di conservare ancora
intatti tratti originari preziosi: oltre a
riti e costumi solenni, e ad alcune tradizioni
che sottendono valori importanti e un profondo
senso della comunità, Rom e Sinti si
tramandano da secoli la loro lingua, il Romanes,
un idioma nobile, vivo e ricco, purtroppo
escluso dal parlamento italiano dall'elenco
delle lingue minoritarie da tutelare nel nostro
paese. Eppure la stessa letteratura rom, particolarmente
significativa in una tradizione culturale
fino a circa trent'anni fa basata esclusivamente
sull'oralità, si esprime oggi con ricchezza
e profondità.
Rom
e Sinti custodiscono quindi una cultura importante,
espressione di una società semplice,
basata sul concetto di dare-avere e ricambiare,
che non prevede l'omicidio (mardipé)
e la guerra (merribé). Il nomadismo,
come l'accattonaggio e il furto, non sono
espressioni culturali ma fenomeni sociali
conseguenti all'emarginazione. Molti degli
oltre 130mila rom e sinti che vivono nel nostro
paese - di cui il 50% sedentari e in gran
parte cittadini italiani - lavorano e alcuni,
seguendo tracce antiche, sono ancora giostrai,
musicisti, venditori ambulanti e commercianti.
Per
loro la musica è fondamentale: oltre
a quella suonata per intrattenimento o per
professione, ne esiste anche un "terzo
livello", poco conosociuto anche tra
gli etnomusicologi, che i rom suonano solo
tra loro, per dialogare nel contesto familiare
e continuare a tramandarsi storia e tradizioni
culturali preziose e sorprendenti.
