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Ultimo aggiornamento: 10/12/2015

Parere del Consiglio

Atto n. 93/2015
2015 05241/87
approvato il 2 novembre

C.4 PARERE (ARTT. 43 E 44 REGOLAMENTO DECENTRAMENTO) MODIFICAZIONI ARTICOLO 2 STATUTO DELLA CITTÀ. INTRODUZIONE DEL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO AL CIBO ADEGUATO.

Atto n.  93                  n. mecc. 2015 05241/87
                        
Il Consiglio di Circoscrizione n. 4 "SAN DONATO - CAMPIDOGLIO - PARELLA", convocato nelle prescritte forme in 1^ convocazione, per la seduta ordinaria del

2  NOVEMBRE  2015
Sono presenti nell'aula consiliare del Centro Civico in Via Servais 5, oltre al Presidente Claudio CERRATO i Consiglieri: Alberto ALDAMI ,Roberto ANTONELLI, Gualtiero Remo BARTOZZI,  CAPUTO Valentina, Sara CARIOLA, Angelo CASTROVILLI, Stefano DOMINESE,  Armando FANTINO, Elvio GUGLIELMET, Maurizio MAFFEI, Valerio NOVO, Marco RABELLINO, Alfonso PAPA, Giuseppe PAVONE, Luca PIDELLO, Emiliano PONTARI,  Lorenzo PULIE' REPETTO, Nicola SANTORO, Tommaso SEGRE, Rocco ZACCURI. 

In totale n. 21 Consiglieri
Risultano  assenti  i Consiglieri:  Alessandro BOFFA FASSET, Sara GRIMALDI,  Massimiliano LAZZARINI, Andrea RONCAROLO.
Con l'assistenza del Segretario Dott.ssa Anna Maria GROSSO
Ha adottato in
SEDUTA PUBBLICA
il presente provvedimento così indicato all'ordine del giorno:

C.4 PARERE (ARTT. 43 E 44 REGOLAMENTO DECENTRAMENTO) MODIFICAZIONI ARTICOLO 2 STATUTO DELLA CITTÀ. INTRODUZIONE DEL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO AL CIBO ADEGUATO.

Il Presidente Claudio Cerrato, di concerto con il Coordinatore della I Commissione Rocco Zaccuri ed il Coordinatore alla VI Commissione Alfonso Papa , riferisce.
Secondo i dati FAO del 2015 le persone affamate sono 795 milioni; di queste il 98% vivono nei Paesi in via di sviluppo. Mentre a sud si muore di fame, a nord ci si ammala di eccessi alimentari: si stima che circa 1 miliardo e mezzo di adulti è in sovrappeso e altri 475 milioni sono obesi. E' stato inoltre calcolato che il sistema alimentare mondiale è in grado di produrre oggi poco meno di 2.800 calorie a persona ogni giorno, a fronte di un reale fabbisogno calorico medio pro capite per un individuo adulto di 2.550 calorie. Questo significa che si produce più cibo del necessario e il cibo in surplus o è mal distribuito oppure è sprecato.
La denutrizione, che tocca in modo impressionante le popolazioni dei Paesi in via di Sviluppo, inizia a interessare fette sempre più consistenti di abitanti del cosiddetto primo mondo visto che ormai riguarda circa 15 milioni di persone. I dati italiani rilevati dalla Caritas dicono che nel primo semestre 2013, rispetto al 2011-2012, si è registrato un incremento della domanda di beni di prima necessità (cibo, abiti, igiene personale), passata dal 67,1% del 2011 al 75,6% del 2013, mentre le richieste di sussidio economico decrescono, passando dal 10% del 2012 al 4,8% del primo semestre 2013.
Le grandezze relative al numero di denutriti (nel sud e nord del mondo), numero di obesi, quantità degli sprechi alimentari e diminuzione degli aiuti, sono indicatori di un fatto: il problema della fame, fino ad oggi, non è dipeso dalla indisponibilità di cibo, ma da altri fattori, in particollare dalla mancanza d'accesso ad un'alimentazione adeguata, o ai mezzi necessari per procurarsela, dagli sprechi di derrate alimentari e da iniqui sistemi di distribuzione.
Se la fame non dipende dall'inesistenza di cibo ma dal fatto che troppi individui non hanno abbastanza cibo per nutrirsi, vuol dire che diventa centrale il riconoscimento dei diritti, titoli o attribuzioni che consentono agli individui di poter accedere agli alimenti.
Nel diritto onusiano, si è a tal fine sviluppata un'ampia e articolata riflessione sul "diritto al cibo adeguato", inteso come il diritto di ogni essere umano "ad avere un accesso regolare, permanente, libero, sia direttamente sia tramite acquisti monetari, a cibo quantitativamente e qualitativamente adeguato e sufficiente, corrispondente alle tradizioni culturali della popolazione di cui fa parte il consumatore e in grado di assicurare una vita psichica e fisica, individuale e collettiva, priva di angoscia, soddisfacente e degna" (J. Ziegler, Primo relatore speciale dell'ONU sul diritto al cibo).
Il diritto al cibo è garantito, cioè, quando ne è garantito l'accesso, o in forma indiretta - tramite il riconoscimento di un livello sufficiente di reddito necessario ad acquistare prodotti alimentari - oppure in via diretta - tramite un accesso diretto alla terra o al mare per l'approvvigionamento diretto di cibo.
Tale definizione sintetizza le disposizioni internazionali che riconoscono tale diritto, in particolare:
- l'articolo 25 Dichiarazione Universale diritti dell'Uomo: 1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà. 2. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale;
- l'articolo 11 Convenzione Internazionale sui diritti economici sociali e culturali: 1. Gli Stati Parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la sua famiglia, che includa alimentazione, vestiario, ed alloggio adeguati, nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita. Gli Stati Parti prenderanno misure idonee ad assicurare l'attuazione di questo diritto, e riconoscono a tal fine l'importanza essenziale della cooperazione internazionale, basata sul libero consenso. 2. Gli Stati Parti del presente Patto, riconoscendo il diritto fondamentale di ogni individuo alla libertà dalla fame, adotteranno, individualmente e attraverso la cooperazione internazionale, tutte le misure, e fra queste anche programmi concreti, che siano necessarie: a. per migliorare i metodi di produzione, di conservazione e di distribuzione delle derrate alimentari mediante la piena applicazione delle conoscenze tecniche e scientifiche, la diffusione di nozioni relative ai principi della nutrizione, e lo sviluppo o la riforma dei regimi agrari, in modo da conseguire l'accrescimento e l'utilizzazione più efficaci delle risorse naturali; b. per assicurare un'equa distribuzione delle risorse alimentari mondiali in relazione ai bisogni, tenendo conto dei problemi tanto dei paesi importatori quanto dei paesi esportatori di derrate alimentari. A fronte di questo diritto corrispondono i doveri degli stati (e di tutte quelle che, da un punto di vista del diritto internazionale, sono considerate le loro articolazioni ovvero i diversi livelli di autonomie locali) di rispettare tale diritto, proteggerlo e renderlo effettivo con il massimo delle risorse finanziare disponibili. In particolare sussiste:
1. l'obbligo di "rispettare" il diritto al cibo: si tratta di un obbligo negativo che impone allo Stato di astenersi da comportamenti che ne possono limitare l'esercizio;
2. l'obbligo di "proteggere" il diritto al cibo richiede che lo Stato intervenga laddove i privati neghino alle persone di realizzare tale diritto;
3. l'obbligo di "soddisfare pienamente, rendere effettivo" il diritto al cibo richiede che lo Stato faciliti, con azioni positive, l'accesso a un cibo adeguato da parte dei gruppi più vulnerabili. In Europa "il diritto a un cibo adeguato" non è riconosciuto esplicitamente come nel sistema di protezione dei diritti elaborati dall'Unione africana e dall'Organizzazione degli Stati americani.
A livello di Consiglio d'Europa, tuttavia, la recente Risoluzione dell'assemblea parlamentare del Consiglio D'Europa n. 1957/2013 adottata il 3 ottobre 2013, definisce il diritto al cibo come "diritto fondamentale": "Il cibo è il bisogno più fondamentale e dunque anche il diritto più fondamentale (Food is our most basic need and right). Nel sistema di legislazione alimentare dell'Unione Europea (fondata sul Regolamento 178/2002 ), che peraltro costituisce uno dei sistemi più avanzati del mondo di legislazione alimentare, il cibo è considerato una merce, ma i principi giuridici fondamentali sancitidalla Carta di Nizza come la dignità umana e il rispetto della diversità culturale (articoli 1 e 22), il principio di non discriminazione (articolo 21), l'integrità della persona (articolo 3) di certo contribuirà a rileggere la legislazione europea vigente in materia alla luce del right to food apporach.
Il diritto al cibo adeguato è riconosciuto in modo diretto da circa 24 costituzioni del mondo (da quella brasiliana a quella sudafricana, da quella boliviana a quella egiziana); altre settanta lo riconoscono come principio direttivo (esemplificativo è il caso dell'India), oppure in via implicita, attraverso la protezione di altri diritti più ampi che lo includono; altre ancora lo riconoscono per il tramite dell'adesione a Trattati internazionali che lo tutelano espressamente.
Secondo gli osservatori internazionali la Costituzione italiana, che non protegge questo diritto in modo esplicito, rientra nel penultimo e ultimo caso, atteso che l'articolo 36 della Costituzione riconosce il diritto a un'esistenza libera e dignitosa - nella quale il diritto al cibo si può ritenere incluso - e l'articolo 117 della Costituzione chiede il rispetto degli obblighi internazionali, tra i quali vi sono anche i trattati che danno esecuzione alle convenzioni internazionali come il Patto sui diritti economici sociali e culturali.
In realtà le norme costituzionali che tutelano il diritto al cibo adeguato, nelle sue diverse dimensioni, sono molte altre: l'articolo 13 della Costituzione, in riferimento alla libertà personale di scegliere il proprio sistema ed il proprio stile di vita alimentare e al dovere dello Stato di rispettarla, anche quando questa si riferisce a coloro che sono in stato di soggezione speciale (come nei penitenziari e negli ospedali); l'articolo 19 Costituzione che, letto in combinato disposto con gli articoli 7 e 8 Costituzione, riconosce ai credenti di ogni confessione religiosa la libertà di poter rispettare regole alimentari legate al proprio culto; gli articoli 30 e 31 Costituzione che riconoscono un dovere di mantenimento (anche alimentare) dei coniugi tra di loro e dei genitori verso i figli; l'articolo 32 Costituzione che, costituendo la base normativa del diritto ad un cibo sano, costituisce la disposizione costituzionale che fa da fondamento al diritto dell'alimentazione e all'igiene degli alimenti e che, in combinato disposto con l'articolo 9, fa da base costituzionale anche alla tutela di quei sistemi alimentari che rispettano l'ambiente; gli articoli 33 e 34 Costituzione che proteggono il diritto a un'educazione alimentare nonché il libero insegnamento e la libertà di ricerca scientifica in materia di cultura del cibo; l'articolo 41 Costituzione che tutela la libertà di iniziativa economica di produrre, distribuire, vendere, somministrare cibi e bevande, pur nel rispetto dei limiti di utilità sociale e dei diritti dei consumatori di cibo; l'articolo 42 Costituzione che tutela il cibo sia quando è un bene privato che quando è un bene pubblico o un bene comune; gli articoli 44 e 47 Costituzione che tutelano la piccola proprietà fondiaria, la quale costituisce, con il reddito da lavoro, uno dei mezzi principali per accedere al cibo in modo adeguato.
Su queste basi costituzionali si fonda la legislazione italiana di settore che regola le
diverse dimensioni (educativa, socio assistenziale, economica, ambientale) del diritto al cibo adeguato e che costituisce principio regolatore del le corrispondenti funzioni amministrative svolte a livello municipale. Come si è visto, il problema centrale del diritto al cibo non è il suo riconoscimento formale ma quello materiale, la sua effettività. Garanzia che, prima di essere assicurata in sede giurisdizionale, la quale in genere interviene quando il diritto si lamenta già violato, dunque in una fase patologica, va assicurata a livello amministrativo. L'attività amministrativa, infatti, costituisce il luogo e lo spazio in cui quotidianamente "avviene il concreto impatto delle libertà e dei diritti costituzionalmente garantiti con le attese dei cittadini e dei gruppi" (V. Bachelet).
La decisività del livello locale per l'attuazione del diritto al cibo adeguato è ben chiara anche a livello internazionale se il Primo relatore speciale del Diritto al cibo presso l'Alto commissariato delle Nazioni Unite ebbe ad affermare : "Una misura importante per eliminare la fame e la malnutrizione consiste nel sottolineare l'importanza della sicurezza alimentare locale e dei programmi di nutrizione locali" (J. Ziegler). Dello stesso tenore le affermazioni del Secondo relatore del diritto al cibo che nella relazione di chiusura del suo mandato, ha indicato nel livello locale la sede privilegiata per rendere effettivo il diritto al cibo o comunque la chiave del cambiamento: "la chiave per la transizione è quella di ricostruire i sistemi alimentari locali, decentrare i sistemi alimentari, renderli più flessibili, ma anche creare collegamenti tra le città e il loro hinterland rurale, a vantaggio sia dei produttori locali sia dei consumatori" (O. De Schutter).
Le Nazioni Unite da un lato, e dall'altro i movimenti mondiali che si occupano di cibo come le ONG (organizzazioni non governative) hanno da tempo messo al centro dell'agenda internazionale il problema della sicurezza e della sovranità alimentare, dagli Obiettivi del Millennio fino al tema dell'Expo 2015 che intende occuparsi di come Nutrire il pianeta. Ma in un pianeta in cui più del 50% della popolazione vivrà nei centri urbani, interrogarsi su come "nutrire le città" o come le città "nutrono" i propri cittadini e residenti significa promuovere i diritti delle persone che vivono in una città a nutrirsi in modo adeguato.
Le città, d'altro canto, quelle italiane in particolare, si occupano tradizionalmente e storicamente di nutrire i propri cittadini da età molto antiche: le politiche annonarie e le politiche sui prezzi caratterizzavano non solo le città medioevali ma anche le città di età classica. In età contemporanea, tuttavia, a differenza dell'età medioevale, il compito di nutrire le città è considerata una politica sociale e non di ordine pubblico come nei comuni medioevali, in cui era proprio su questo elemento che si fondava il patto sociale tra cittadini e classi dirigenti. Di questa antica tradizione è rimasta traccia non in una funzione amministrativa univoca ma in numerose funzioni amministrative che le Città, in particolare i comuni italiani, svolgono ancora oggi per rendere accessibile il cibo ai cittadini e a tutti coloro che risiedono sui propri territori.
Anche nella Città di Torino in quasi ogni suo servizio o articolazione organizzativa sussistono servizi che attuano singoli aspetti del diritto al cibo adeguato, così come descritto dalle Carte internazionali. Si tratta dei servizi pubblici locali di natura alimentare già descritti con deliberazione di Giunta Comunale del 4 agosto 2015 (mecc. 2015 03499/013) e che qui si richiamano:
1. Ambiente: TOCC In quest'ambito va menzionato almeno il progetto Tocc (deliberazione del Consiglio Comunale del 15 febbraio 2012 - mecc. 2012 00758/04  - avente ad oggetto "Progetto TOCC - Torino città da coltivare. Definizione delle linee guida), che costituisce una sorta di programma quadro al cui interno sono previste un ampio numero di azioni: recupero di cascine, o comunque di edifici pubblici, l'inserimento delle strutture rurali di proprietà privata site in aree sottoposte a progetti di recupero complessivo in una rete di agricoltura urbana, la valorizzazione del patrimonio a destinazione agricola mediante concessione ad associazioni e/o soggetti privati per realizzare un progetto complessivo, che integri esperienze di agricoltura urbana con la tutela del paesaggio e del suolo, la promozione di agricoltura sociale, l'orticoltura urbana di tipo individuale (già sperimentata da anni in città) o di tipo collettivo, la valorizzazione dell'agriturismo per la valorizzazione delle produzioni del territorio e del paesaggio agricolo e forestale urbano, la forestazione urbana da svilupparsi come compensazione delle emissioni di Co2 di aziende ed attività riferite all'area metropolitana torinese.
2. Decentramento: gli orti urbani Gli orti urbani esistenti nella Città di Torino sono di diversa natura: (da quelli didattici, a quelli associativi). Tra questi i cosiddetti orti sociali rappresentano una delle misure di local food policies più adeguate per garantire il diritto al cibo dei cittadini più vulnerabili. Gli orti urbani, infatti, rendono possibile l'accesso al cibo in via diretta, perché mettono a disposizione dei cittadini porzioni di suolo pubblico, al fine di produrre derrate alimentari di prima necessità, destinate all'autoconsumo. In tal senso essi costituiscono oggi una importante misura di lotta contro la fame e di sostegno del reddito: infatti, nel regolamento comunale che li disciplina (Regolamento per l'assegnazione e la gestione di orti urbani - n. 363) e nei bandi che lo attuano in diverse circoscrizioni (il primo è stato quello bandito a Mirafiori nella Circoscrizione 10, espressione di una storica esperienza del territorio frutto di un percorso della comunità locale, a cui oggi si affiancano quelli della Circoscrizione 5, Circoscrizione 6, Circoscrizione 7) sono stabiliti criteri di accesso che danno priorità a categorie di cittadini più vulnerabili (individuati sulla base di indicatori come il reddito, il numero dei figli o l'età anziana del coltivatore). L'orto consente agli assegnatari di accedere al cibo prodotto in maniera diretta, dignitosa, tramite il proprio lavoro.
3. Commercio: i farmer markets Accanto alla storica funzione municipale di regolamentazione dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande, disciplinata dal regolamento omonimo, e della regolamentazione dell'attività mercatale, la destinazione ai produttori agricoli di aree riservate dei mercati cittadini costituisce un aspetto delle politiche civiche che garantiscono in via ordinaria il diritto dei produttori agricoli di accedere direttamente al mercato e il diritto dei consumatori di accedere a un cibo a chilometro zero. Tale attività è regolata da appositi regolamenti municipali (si ricorda il Regolamento per la Disciplina del commercio su area pubblica della Città di Torino ed il Regolamento delle aree riservate ai produttori agricoli nei mercati cittadini) che consentono di perseguire due obiettivi: a) valorizzare la peculiarità dell'offerta di prodotti provenienti direttamente dalle aziende agricole; b) tutelare i consumatori con particolare riferimento alla garanzia della provenienza dei prodotti, dell'igiene e della qualità degli stessi, anche attraverso la vigilanza sull'osservanza delle norme vigenti in materia. A tali aree riservate presenti in tutti i mercati torinesi, tranne che in Porta Palazzo dove sussiste un'apposita "tettoia" per il mercato contadino, si affiancano diversi farmer market a cadenza temporanea non quotidiana ed esperienze specifiche come il VOV, il farmer market di via Onorato Vigliani.
4. Servizi educativi: ristorazione scolastica e progetti di educazione alimentare Nelle scuole, soprattutto le primarie, l'attività didattica e di educazione nutrizionale e alimentare non è praticata solo mediante lezioni frontali di stampo tradizionale o i numerosi laboratori ma anche attraverso numerose altre tecniche formative. Tra queste, oltre gli orti didattici di cui si è accennato, vi è il medesimo servizio di ristorazione scolastica, utilizzato dal corpo insegnante come momento di educazione alimentare, sia in chiave nutrizionale che in chiave culturale se non interculturale. In numerose scuole, infatti, il momento del pranzo non ha solo l'obiettivo di soddisfare le esigenze nutrizionali dello studente, ma costituisce per i bambini e i ragazzi un ulteriore tappa del progetto educativo di cui sono destinatari. Mediante tale servizio, infatti, non si attua solo un'"esperienza pratica" di educazione alimentare, ma anche di educazione alla socialità e alla diversità. Tali istanze sono raccolte anche nell'organizzazione del servizio di mensa scolastica organizzato dai Servizi Educativi del Comune di Torino. Nei capitolati d'appalto definiti dai Servizi Educativi il diritto del bambino di accedere a un cibo accettabile da un punto di vista religioso e culturale (si pensi alle diete differenziate) e a un cibo buono, sano e sostenibile sia da un punto di vista sociale che ambientale oltre che economico è assicurato dalle specifiche del capitolato d'appalto, grazie al quale è ormai da anni che i bambini possano accedere a cibo biologico, ad alcuni alimenti provenienti dal commercio solidale e, più di recente, a cibo a km zero. Sempre da anni è conosciuta la pratica delle diete differenziate per ragioni di salute, di scelte religiose o scelte culturali. L'ordinaria attività di gestione del servizio di ristorazione si intreccia con progetti e percorsi ad essa trasversale che contribuiscono ulteriormente a garantire il diritto di accesso al cibo, soprattutto dei più demuniti. Dal 2003, in risposta alla c.d. Legge del buon samaritano (Legge n. 155 del 25 giugno 2003), la Città ha organizzato raccolta di pane e frutta non consumati nelle mense scolastiche delle scuole primarie e secondarie di primo grado cittadine che, con l'intervento delle Ditte di ristorazione e dell'AMIAT, vengono recuperati e ridistribuiti a enti caritatevoli della Città o ad Enti/Associazioni che assistono soggetti in difficoltà (a cui arrivano tramite la mediazione del Banco Alimentare). Dal 2012, a seguito di una riponderazione dei consumi e degli sprechi sono stati attivati nuovi percorsi, tra cui merita di essere segnalato quello che prevede l'attivazione di una misura per ampliare il numero delle scuole in cui effettuare il recupero dei pasti non distribuiti ridistribuendo il non fruito alle famiglie in difficoltà che lo richiedono (coinvolgendo le Circoscrizioni, Dirigenti scolastici e le Commissioni mensa) (cfr. deliberazione della Giunta Comunale del 19 febbraio 2013 - mecc. 2013 00779/007 - avente ad oggetto: Servizio di ristorazione scolastica: lotta agli sprechi attraverso formazione ed educazione alimentare e recupero del non distribuito). Accanto alla ristorazione scolastica vi sono numero si e solidi progetti di educazione alimentare davvero difficili da sintetizzare: si vadai laboratori didattici promossi sin dai nidi, anche con obiettivi di integrazione interculturale, fino alle attività promosse a Cascina Falchera, cascina agricola di proprietà del la Città di Torino destinata a realizzare percorsi di educazione alimentare e gestita dall'Istituzione ITER sempre nell'ambito di partenariati pubblico-privati.
5. Servizi socio assistenziali: le mense benefiche Altro servizio civico che garantisce il diritto di accedere al cibo ai più vulnerabili è quello delle mense benefiche. Queste, che normalmente vivono grazie allo spirito di solidarietà di migliaia di volontari, a Torino sono supportate da specifiche politiche pubbliche locali, attraverso le quali l'attività del privato sociale è riconosciuta ed è rivestita di valore istituzionale. Questo riconoscimento si manifesta con un supporto, non finanziario, ma alimentare (cfr. la determinazione che indice la gara approvando il capitolato per il servizio di ristorazione mense benefiche 2014-2018 - mecc. 2013 05180/005): il Comune non eroga cioè alle 5 mense convenzionate o agli istituti residenziali per anziani un contributo, ma le rifornisce di una parte dei pasti pronti. Al supporto materiale che la Città offre alle mense, se ne aggiunge uno organizzativo: il coordinamento, anche attraverso il cosiddetto "tavolo mense", di mense diurne e asili notturni, mense feriali e festive (sia convenzionate che non), ha portato ad articolare il servizio in modo tale che non vi sia alcun giorno della settimana e una fascia oraria quotidiana in cui almeno una delle mense del territorio non sia aperta (si veda: Torino per te. Guida ai servizi). Parallelo al servizio di assistenza alimentare peri senza fissa dimora è quello rivolto agli anziani, il quale viene attuato sia nelle residenze (laddove il capitolato consente di tener conto dell'accettabilità culturale e religiosa del cibo: "Il Responsabile della Residenza potrà richiedere per iscritto la fornitura di menù personalizzati (es. menù dietetici, menù vegetariano, menù musulmano, menù senza glutine) ove se ne riscontrasse la necessità per ragioni di salute o qualità della vita dell'ospite"); sia attraverso la domiciliarietà della distribuzione dei pasti, che affonda le sue radici nella stessa storia dei servizi sociali torinesi.
6. Turismo e cultura del cibo Valorizzano il turismo enogastronomico promuovendo diverse culture del cibo, locale o diversamente etnico, esperienze come il Salone del Gusto e Terra madre, nate da un'iniziativa di Slow Food. La rilevanza di questi eventi nell'ambito dello sviluppo locale della città ha portato, da un lato, a costituire un Comitato senza scopo di lucro tra enti pubblici e privati (Comune, Regione e Slow Food) che ha l'obiettivo di organizzare con cadenza biennale il Salone (l'Amministrazione ha aderito, nell'anno 2006, al Comitato "Salone del Gusto", cfr. mecc. 2006 03500/069); dall'altro la Fondazione Terra Madre che organizza l'omologo evento, altrimenti conosciuto come l'ONU dei contadini, nell'ambito del quali operatori del cibo di tutto il mondo si danno appuntamento ogni due anni per discutere di cibo, alimentazione, ambiente, diritti (la Città di Torino, dopo esser stata membro del Comitato che ha promosso la prima edizione del 2005 è stata socia fondatrice della Fondazione Terra madre, approvata con deliberazione del Consiglio Comunale mecc. 2005 08440/069).
7. Relazioni e cooperazione internazionale Il cibo è spesso oggetto anche delle attività di rilievo internazionale promosse dalla Città di Torino, attività orientate a meglio garantire ildiritto di accesso al cibo: sia dei cittadini torinesi che dei cittadini di altri Paesi del mondo, in particolare dei Paesi in via di sviluppo. Ci si riferisce ai progetti europei che la Città gestisce nell'ambito di programmi europei specifici: Europaid (Aiuto allo sviluppo) per quel che riguarda la Cooperazione con i Paesi terzi e quelli attinenti alla Cooperazione territoriale europea per quel che riguarda il partenariato con le città dell'Unione. Nell'ambito di questi programmi sono numerosi i progetti in cui Torino ha partecipato, in qualità di capofila o di partner, aventi ad oggetto le food local policies. Nell'ambito della cooperazione territoriale tra città europee, nel quadro di programmi di diverso tenore, vanno ricordati progetti come Emporium, Central Markets o Urban Markets che hanno avuto l'obiettivo di analizzare il potenziale dei mercati locali come motori di sviluppo dell'economia locale e della rigenerazione urbana, esplorare la sostenibilità locale dei mercati che svolgono un ruolo basilare nelle città dal punto di vista economico, culturale, sociale e turistico. Nell'ambito della cooperazione decentrata dopo una lunga stagione di promozione di progetti realizzati nell'ambito del programma di sicurezza alimentare nel Sahel promosso dalla Regione Piemonte, nel cui ambito la Città di Torino ha promosso azioni di lotta alla fame e alla povertà in partenariato con la società civile e le altre istituzioni del territorio, si è aperta una stagione di progettualità ascritta nell'ambito del Programma comunitario Europaid nell'ambito del quale si possono menzionare l'adesione a progetti europei come 4cities4development o Food smart cities for developement. I progetti di cooperazione decentrata, a differenza di quelli di cooperazione territoriale, hanno l'obiettivo di attuare meglio il diritto al cibo non solo dei cittadini torinesi ma anche di quelli dei Paesi terzi beneficiari delle singole azioni.
Quelle fin qui descritti sono solo alcune delle tante politiche, servizi o progetti promossi dalla Città in materia alimentare e che sono stati richiamati nella deliberazione di Giunta Comunale (mecc. 2015 03449/013) proprio perché rappresentano attività rientranti nell'ordinaria amministrazione dell'ente e pertanto idonee a divenire la base di una strategia politica locale sul cibo che sia ispirata ai principi espressi nel Food policy pact, ma radicata nell'esperienza torinese.
Anche sotto il profilo del diritto al cibo queste iniziative sono emblematiche perché rendono effettivo il diritto al cibo dei cittadini torinesi nel rispetto delle diverse condizioni personali o sociali: il servizio di ristorazione scolastica e i progetti ad esso afferenti assicurano il diritto dei bambini a ricevere un'istruzione alimentare e nutrizionale; i regolamenti attinenti le aree mercatali riservate ai produttori locali assicurano il diritto dei contadini di poter accedere direttamente al mercato e quello dei consumatori ad accedere a cibo locale; gli orti sociali assicurano il diritto di chi ha un reddito insufficiente di accedere direttamente alla terra tramite gli orti messi a bando; le mense benefiche assicurano il diritto dei più vulnerabili ad avere un pasto per la sussistenza. Un primo elemento comune a ciascuna di queste politiche e progetti è il ricorso alla partnership pubblico privata, spesso espressa formalmente in apposite convenzioni. Un secondo elemento trasversale è la partecipazione diretta del beneficiario che pertanto non è solo destinatario o utente finale di specifici servizi ma anche soggetto attivo nella definizione delle attività: oltre agli orti sociali e alle aree mercatali riservate ai produttori locali, si pensi al progetto "Il menu l'ho fatto io" nell'ambito della ristorazione scolastica o a iniziative come il progetto "Fa bene" che segna un nuovo approccio nelle politiche di lotta alla povertà.
Queste caratteristiche confermano nel livello municipale il primo interlocutore istituzionale delle istanze della società civile e, pertanto, il livello ottimale nel quale, sulla base del principio di sussidiarietà, allocare le principali funzioni tese a dare attuazioni a diritti fondamentali come, per l'appunto, il diritto al cibo adeguato.
Per queste ragioni inserire nello Statuto della Città di Torino un esplicito riconoscimento del diritto al cibo adeguato nei diversi servizi comunali, non significa introdurre un nuovo diritto ma significa semplicemente dare evidenza e dignità istituzionale a un diritto nuovo solo nella sua formulazione, ma garantito in modo consolidato e ampio già da tempo. Tale modifica dello Statuto, inoltre, consentirebbe di programmare le future politiche locali del cibo della Città di Torino, nelle modali
tà indicate dalla deliberazione di indirizzo di Giunta Comunale del 4 agosto 2015 (mecc. 2015 03449/013), tenendo conto dei diritti dei cittadini e di far si che siano tali diritti ad orientare tali politiche.
Tale riconoscimento non comporta effetti di natura finanziaria né diretti né indiretti: il diritto al cibo adeguato, così come definito dalla normativa internazionale (si veda in particolare l'articolo 2 della Convenzione sui diritti economici, sociali e culturali, che così recita), costituisce un diritto condizionato dalle risorse di cui ogni Stato (incluse le sue articolazioni territoriali) può disporre.
In tal senso riconoscere il diritto al cibo in città significa riconoscerlo nei limiti delle risorse finanziarie, umane, patrimoniali e gestionali di cui la Città di Torino è dotata.
Tale disposizione, inoltre, non comporta oneri di istituire servizi nuovi, atteso che quelli già attuati costituiscono misure significative e all'avanguardia di attuazione di questo diritto, riconosciute sia nel panorama italiano che internazionale.
Nell'ambito delle competenze riservate dal Regolamento del Decentramento, ai sensi degli artt. 43 e 44, il Direttore generale, con lettera prot. n. 1461 in data 6 ottobre 2015, ha chiesto l'espressione del parere di competenza, in merito alla proposta di deliberazione in argomento.
La I e VI Commissione consiliare hanno esaminato la proposta di deliberazione avente ad oggetto: "Modificazioni articolo 2 Statuto della Città. Introduzione del riconoscimento del diritto al cibo adeguato" nella seduta congiunta del 28 ottobre 2015.
Dall'esame della proposta di deliberazione in argomento la Circoscrizione IV ritiene di esprimere parere favorevole alla bozza regolamentare proposta.
LA GIUNTA CIRCOSCRIZIONALE
- Visto l'art. 54 dello Statuto;
- Visto il Regolamento del Decentramento, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 133 (mecc. 1996 00980/49) del 13 maggio 1996 e s.m.i., il quale, fra l'altro, all'art. 43 elenca i provvedimenti per i quali è obbligatorio l'acquisizione del parere dei Consigli Circoscrizionali ed all'art. 44 ne stabilisce i termini e le modalità;
- Visti gli artt. 49 e 107 del Testo Unico delle Leggi sull'Ordinamento degli Enti Locali approvato con D.Lgs 18 agosto 2000 e s.m.i.;

PROPONE AL CONSIGLIO CIRCOSCRIZIONALE
- di esprimere parere favorevole, alla proposta di deliberazione avente ad oggetto: "Modificazioni articolo 2 Statuto della Città. Introduzione del riconoscimento del diritto al cibo adeguato".
OMISSIS DELLA DISCUSSIONE
Risultano assenti dall'aula al momento della votazione i Consiglieri Santoro e Segre per cui i Consiglieri presenti in aula al momento del voto sono 19.
VOTAZIONE PALESE
PRESENTI: 19
VOTANTI:16
VOTI FAVOREVOLI: 15
VOTI CONTRARI:1
ASTENUTI  : 3 (Novo-Aldami-Guglielmet)
Pertanto il Consiglio
DELIBERA
- di esprimere parere favorevole, alla proposta di deliberazione avente ad oggetto: "Modificazioni articolo 2 Statuto della Città. Introduzione del riconoscimento del diritto al cibo adeguato".