Atto
141 n. mecc. 2009 08386/87 |
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Atto n. 141 n. mecc.
2009 08386/87
Il Consiglio di Circoscrizione
n. 4 "SAN DONATO - CAMPIDOGLIO - PARELLA",
convocato nelle prescritte forme in
1^ convocazione, per la seduta ordinaria
del
30 NOVEMBRE
2009
Sono presenti
nell'aula consiliare del Centro Civico
in Via Saccarelli 18, oltre al Presidente
ALUNNO Guido i Consiglieri: ANTONELLI
Roberto, CAPUTO Valentina, CAVALLARI
Paolo, CLARICI Laura, CARTELLA Ferdinando,
CERRATO Claudio, CAVONE Nicola, COLLURA
Anna Maria, D’ACUNTO Angelo, DEL BIANCO
Marianna, DOMINESE Stefano, FONTANA
Marco, LAVECCHIA Felice, , FARANO Nicola,
MAFFEI Maurizio, MARRONE Maurizio, NOVO
Valerio, PEPE Annunziata, PUGLISI Ettore,
RABELLINO Renzo, Davide TROIANO,
In totale n. 22 Consiglieri
Risultano
assenti i Consiglieri: BOSSO Giovanni,
LAZZARINI Massimiliano, VALLE Mauro.
Con l'assistenza del
Segretario Dott.ssa Ornella FOGLINO
Ha adottato in
SEDUTA
PUBBLICA
il presente
provvedimento così indicato all'ordine
del giorno:
C.4 PARERE
(ARTT. 43 E 44 DEL REGOLAMENTO DEL DECENTRAMENTO)
AVENTE AD OGGETTO: PROPRIETÀ E GESTIONE
PUBBLICA DEL SERVIZIO IDRICO.
(proposta
dei cittadini titolari dei diritti di
partecipazione ai sensi dell'articolo
14 dello Statuto della Città e dell'articolo
10 del Testo Unico delle norme regolamentari
sulla partecipazione, il referendum,
l'accesso, il procedimento, la documentazione
amministrativa e il difensore civico)
Il Presidente
Guido Alunno, di concerto con il Coordinatore
della I^ Commissione Paolo Cavallari
e con il Coordinatore della VI^ Commissione
Ferdinando Cartella, riferisce le motivazioni
alla base della proposta di deliberazione
in oggetto.
L'acqua
costituisce un bene comune dell'umanità,
un bene irrinunciabile che appartiene
a tutti. Il diritto all'acqua è un diritto
inalienabile: dunque l'acqua non può
essere proprietà di nessuno, bensì bene
condiviso equamente da tutti.
La Città
di Torino ha garantito fin dal 1926
l'uguaglianza dei torinesi nell'accesso
all'acqua potabile, grazie alla proprietà
e gestione pubblica dell'acquedotto
comunale, tanto da celebrare il suo
completamento con una sobria pubblicazione
[Municipio di Torino, L'Acquedotto
Municipale, Cenni sugli impianti e sull'esercizio,
Arti Grafiche L. Giachino, Torino 1926]
nella quale si legge che "… con l'esercizio
del proprio acquedotto il Comune ha
raggiunto tutti gli scopi che si proponeva,
ha assicurato alla città una dotazione
idrica buona e sufficiente, ha favorito
lo sviluppo industriale ed edilizio
e quello dei pubblici servizi anche
in Comuni contermini, ha risolto annosi
problemi igienici, portando l’acqua
in tutto il territorio, non escluse
le regioni più eccentriche e meno redditizie
ed ha funzionato energicamente da calmiere
sul prezzo dell'acqua …" infatti "…
il Comune, alieno da ogni intento speculativo,
ha messo in seconda linea i criteri
puramente industriali quando contrastavano
con quelli di utilità pubblica ..."
per concludere che "… il Comune ha sempre
ritenuto che l'acqua non debba formare
oggetto di speculazione, e quindi ha
ragguagliato le sue tariffe di vendita
al prezzo di costo, tenendo giusto conto
degli interessi sul capitale investito
ed accantonando inoltre rilevanti ammortamenti".
Oggi tuttavia
imperversano pressioni, ai vari livelli
decisionali (internazionale, nazionale
e locale), finalizzate ad affermare
la privatizzazione e l'affidamento al
cosiddetto libero mercato della gestione
della risorsa idrica, pressioni trasversali
alle diverse culture politiche ed amministrative.
Le istituzioni
economiche, finanziarie e politiche
che per decenni hanno incoraggiato il
consumo ed il degrado delle risorse
naturali e l’impoverimento idrico di
migliaia di comunità umane oggi dicono
che l’acqua è un bene prezioso e raro
e che solo il suo valore economico può
regolarne e legittimarne la distribuzione.
Non si
ritiene di condividere la stessa impostazione.
In particolare, gli effetti della messa
sul mercato dei servizi pubblici e dell'acqua,
anche negli Ambiti Territoriali in Italia
dove ciò è già avvenuto, sono quelli
di un generale aumento tariffario a
fronte di mancati nuovi investimenti
e della perdita decisionale della comunità
rispetto al bene acqua, consegnato alle
scelte a porte chiuse dei consigli d'amministrazione
delle società di gestione. Si possono
citare, tra i casi più eclatanti di
privatizzazione inefficiente e costosa
per le bollette dei cittadini, quelli
di Latina, Arezzo e Aprilia, mentre
in positivo Milano e due esempi piemontesi:
la stessa nostra Città di Torino e il
Consorzio del Monferrato come gestioni
pubbliche efficienti ed oculate. Sono
solo alcuni degli esempi che confermano
come solo una proprietà pubblica ed
un governo pubblico e partecipato dalle
comunità locali possano garantire la
tutela della risorsa, il diritto e l’accesso
all’acqua per tutti e la sua conservazione
per le generazioni future.
Ciò deriva
anche dalla specificità, tra i servizi,
di quelli pubblici "a rete" dei quali
l’acqua fa parte: per i servizi di acquedotto
e fognatura, ha poco senso invocare
le virtù della concorrenza, dato che
si tratta di monopolio naturale ed il
cittadino non sceglie da quale acquedotto
vuol essere servito. E quando vi è un
monopolio, è preferibile che esso sia
pubblico e sottoposto al controllo popolare
piuttosto che in mano ad un soggetto
privato che si assicurerebbe un comodo
serbatoio di profitto senza rischio
imprenditoriale. E’ quest’ultima considerazione
che rende assai vantaggiosa la liberalizzazione
dei servizi pubblici locali per i soggetti
privati che ne caldeggiano la necessità.
Inoltre,
i presunti capitali apportati dal privato
per gli investimenti - che sarebbero,
questi sì, necessari per risanare le
reti idriche "colabrodo" - derivano
alla fine quasi sempre da prestiti bancari
a tassi ben superiori a quelli che un
ente pubblico gestore ottiene dalla
Cassa Depositi e Prestiti, tassi cui
vanno aggiunte le remunerazioni del
capitale a vantaggio del soggetto privato
stesso. Tutte voci che necessariamente
giungono a gravare sulla tariffa finale
del servizio idrico.
Esiste
anche, e potrà aggravarsi ulteriormente
in futuro, un problema enorme di democrazia
e di concentrazione delle risorse, se
si considera che tramite la privatizzazione
capillare a livello locale, pochissimi
soggetti multinazionali potrebbero giungere
a controllare l'intero patrimonio di
acqua potabile del pianeta.
Per questo
arrestare i processi di privatizzazione
dell'acqua assume, nel XXI secolo, sempre
più le caratteristiche di un problema
di civiltà, che chiama in causa politici
e cittadini, che chiede a ciascuno di
valutare i propri atti, assumendosene
la responsabilità rispetto alle generazioni
viventi e future.
D’altra
parte si sta ormai largamente diffondendo
la consapevolezza delle popolazioni
riguardo alla necessità di non mercificare
il bene comune acqua e non esiste quasi
più territorio che non sia attraversato
da vertenze per l’acqua.
Le lotte
per il riconoscimento e la difesa dell'acqua
come bene comune hanno acquisito in
questi anni una rilevanza e una diffusione
senza precedenti. Sono state il motore
di cambiamenti sociali e politici epocali
in un continente come l’America Latina
(basti pensare alla Bolivia che oggi,
primo Paese al mondo, ha un Ministro
per l'Acqua o all’Uruguay che ha deciso,
attraverso referendum, di inserire l'acqua
come diritto umano e bene comune nella
Costituzione). Anche in Europa, a partire
dai nostri vicini d’oltralpe, progredisce
rapidamente il processo di ripubblicizzazione
del servizio idrico, avviato dal Comune
di Grenoble nel marzo del 2000 e giunto
ora alla capitale: il Comune di Parigi
sta riprendendo la gestione diretta
del servizio idrico alla scadenza ormai
prossima della concessione alle società
Veolia e Suez [Le Monde Diplomatique,
novembre 2008].
Anche
nel nostro Paese l’importanza della
questione acqua ha raggiunto nel tempo
una forte consapevolezza sociale ed
una capillare diffusione territoriale,
aggregando culture ed esperienze differenti
e facendo divenire la battaglia per
l'acqua il paradigma di un altro modello
di società.
E’ un
percorso che parte dal 2003, dichiarato
dall’ONU Anno mondiale dell'acqua, quando
si tenne proprio a Firenze il Forum
Mondiale Alternativo dell’Acqua che,
ispirandosi al concetto di acqua come
bene comune necessario alla vita, bocciò
le politiche fondate sulla trasformazione
dell’acqua in merce, respinse l’introduzione
del cosiddetto "partenariato pubblico-privato",
chiedendo invece con forza la proprietà
e la gestione pubblica come garanzia
di libero accesso per tutti.
Da allora
sono state decine e decine le vertenze
e le iniziative per un nuovo governo
pubblico e partecipato dell'acqua: nel
2007, solo nella nostra Città sono state
raccolte più di 20 mila firme in calce
alla proposta di legge nazionale di
iniziativa popolare per la ripubblicizzazione
dell’acqua, attualmente all’ordine del
giorno delle competenti Commissioni
parlamentari.
La presente
proposta di deliberazione di iniziativa
popolare si colloca nel quadro dei principi
di quella proposta di testo legislativo
e ne proietta i contenuti a livello
territoriale. Si propone infatti di
inserire nello Statuto della Città un
articolo apposito a tutela della risorsa
acqua, a garanzia della sua proprietà
e gestione pubblica, come premessa ad
un potenziale modello gestionale di
diritto pubblico e basato sulla democrazia
partecipativa.
Si tratta
quindi di una svolta radicale rispetto
alle politiche, trasversalmente condivise
negli ultimi vent’anni, che hanno considerato
l’acqua una merce e fatto del mercato
il punto di riferimento per la sua gestione.
Ma coerente con la storia della Città
e con la scelta con cui Torino, nel
recente 2004, scelse di gestire il servizio
idrico con un’azienda a totale partecipazione
pubblica.
Solo un’informazione
lacunosa, incompleta o di parte, peraltro
analoga a quella che vi è stata per
altri settori privatizzati, è riuscita
finora a nascondere il totale fallimento
degli obiettivi promessi da una martellante
campagna di promozione comunicativa
in ordine ai benefici della privatizzazione
e del cosiddetto partenariato pubblico-privato:
i cui vantaggi tanto sbandierati - maggiore
qualità, maggiore economicità, maggiori
investimenti - alla prova dei fatti
si sono rivelati totalmente inconsistenti.
Piuttosto
si sono creati effetti quali: degrado
e spreco della risorsa, precarizzazione
del lavoro, peggioramento della qualità
del servizio e dei rapporti con l'utenza,
aumento delle tariffe, stasi o riduzione
degli investimenti, diseconomicità di
molte gestioni, espropriazione dei saperi
collettivi, mancanza di trasparenza
e di democrazia.
Solo un’informazione
ideologizzata e fuorviante è riuscita
a far credere che la privatizzazione
dell'acqua sia imposta dal Trattato
UE e dalle direttive europee. La verità
è che l'Unione Europea, come ribadito
ancora recentemente dalla Commissione
al Parlamento Europeo, riconosce che
"… le autorità pubbliche competenti
(Stato, Regioni, Comuni) sono libere
di decidere se fornire in prima persona
un servizio di interesse generale o
se affidare tale compito a un altro
ente (pubblico o privato)" [Comunicazione
della Commissione al Parlamento Europeo
COM(2004) 374].
L'articolo
14 del Trattato UE, tanto invocato a
sostegno delle privatizzazioni, nulla
dice in proposito [Gazzetta Ufficiale
dell’Unione Europea C 115, 9 maggio
2008, pag. 54]. Viene ripreso nel Protocollo
n. 26 [Gazzetta Ufficiale dell’Unione
Europea C 115, 9 maggio 2008, pag. 308]
facente parte integrante del Trattato
di Lisbona - che non è entrato in vigore
in seguito alla vittoria del No nel
referendum irlandese [nel Referendum,
svoltosi in Irlanda il 12 giugno 2008
i No ottennero il 53,4% dei voti] -
ma solo per introdurre la distinzione
tra servizi di interesse economico generale
(articolo 1) e servizi di interesse
generale non economico (articolo 2)
senza peraltro entrare nel merito di
quali servizi appartengano al primo
o al secondo gruppo. Finora è stata
la Corte Europea di Giustizia a stabilire
di volta in volta la linea di demarcazione
tra attività economiche di servizio
e servizi non economici. Essa ammette
che un servizio non abbia carattere
economico quando corrisponde ad una
missione di un’istituzione pubblica
ed è finanziato prevalentemente da fondi
pubblici. Il concetto è ripreso con
chiarezza nella recente sentenza sul
caso "Brutélé": "Si riconosce, infatti,
che un’autorità pubblica ha la possibilità
di adempiere ai compiti di interesse
pubblico ad essa incombenti mediante
propri strumenti, amministrativi, tecnici
e di altro tipo, senza essere obbligata
a far ricorso ad entità esterne non
appartenenti ai propri servizi (sentenza
Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 48)"
[Sentenza Corte Europea di Giustizia:
C-324-08 del 13 novembre 2008, punto
48].
Da parte
sua il CNEL, nel documento "Tutela delle
risorse idriche" approvato nell'Assemblea
plenaria del 5 giugno 2008, afferma
nell'introduzione che: "L'acqua non
è un prodotto commerciale al pari degli
altri, bensì un patrimonio che va protetto,
difeso e trattato come tale" e più specificamente
al capitolo 3.12. (Il gestore del servizio
idrico), scrive testualmente: "I soggetti
gestori delle grandi adduzioni e trasferimento
d’acqua è opportuno che vengano configurati,
per la natura stessa dei loro compiti
istituzionali, come Enti Pubblici …
omissis … In questo quadro, per il fatto
di essere risorsa indispensabile alla
vita, limitata in natura e per la quale
va garantita l’accessibilità in termini
universali, l’acqua va considerata come
bene comune "fondamentale" e, dunque,
di proprietà e gestione pubblica, al
pari della salute, istruzione e sicurezza
… omissis … In questo quadro è opportuno
che, fermo restando il carattere pubblico
del servizio ed il regime demaniale
delle reti idriche, la decisione relativa
alla tipologia di questo soggetto rimanga
nella piena titolarità degli EELL, costituiti
nell'assemblea di ATO, assumendo i criteri
basilari della necessaria crescita dimensionale
delle aziende ed il loro radicamento
nelle realtà territoriali e nelle comunità
locali." [CNEL, Osservazioni e Proposte
su "Tutela delle risorse idriche",
approvato dall’Assemblea plenaria del
5 giugno 2008].
La decisione
del Governo italiano, tradotta nell'articolo
23 bis della Legge 133/2008, di imporre
sostanzialmente agli Enti Locali di
mettere sul mercato i loro Servizi Pubblici
- acqua compresa - ignora quindi le
opzioni offerte dalla normativa UE in
materia di Servizi Pubblici Locali,
la giurisprudenza della Corte di Giustizia
Europea e l'autorevole parere del CNEL
per quanto riguarda l’acqua in particolare.
Inoltre, tale scelta invade e annulla
le specifiche competenze in materia
attribuite dall'articolo 117 della Costituzione
alle Autonomie Locali, tanto che alcune
Regioni, tra cui il Piemonte, hanno
già presentato ricorso per incostituzionalità
dell'articolo 23 bis in questione.
In presenza
di questi tentativi di privatizzare
un bene essenziale come l’acqua, la
Città di Torino può dichiarare formalmente
nella sua Carta fondamentale che tale
bene, essenziale per la vita e perciò
di inestimabile valore per gli esseri
umani, la natura e l’ambiente, non è
una merce e non è soggetto alle regole
del mercato.
Affermare
questo principio nello Statuto della
Città (come hanno fatto altri enti come
il Comune di Bassiano (LT) e la Provincia
di Gorizia) sarebbe un atto di coerenza
con principi in vigore nell'UE e largamente
condivisi dalla cittadinanza, per i
quali l’acqua è un bene comune non mercificabile
e si devono mantenere in mano pubblica
sia la proprietà delle reti, sia la
gestione del servizio idrico integrato.
Nell’intento
di far sì che tale cultura diventi politica
concreta ed esperienza consolidata,
alcuni cittadini hanno deciso di ideare
e di fornire all’Amministrazione Comunale
lo strumento normativo che affermi il
quadro della svolta auspicata: la presente
proposta di deliberazione d'iniziativa
popolare che si passa di seguito ad
illustrare.
Si propongono
due modifiche all'articolo 2 dello Statuto,
denominato "Finalità del Comune": con
la prima, si inserisce anche l’acqua
tra i diritti che il Comune contribuisce
a rendere effettivi per i propri cittadini,
nel rispetto delle attribuzioni costituzionali
e del principio di sussidiarietà. Il
diritto all’acqua viene così a rivestire
pari dignità di quelli al lavoro, alla
tutela della salute, alla casa e all’istruzione.
Con la
seconda, si introduce esplicitamente
tra le finalità del Comune quella di
assicurare il diritto di accesso all’acqua
potabile sia attraverso la fornitura
domestica dei servizi di acquedotto
per la totalità dei cittadini di Torino,
sia anche attraverso la salvaguardia
e la valorizzazione delle tradizionali
fontanelle o toretti, che oltre a costituire
un elemento piacevole ed apprezzato
di arredo urbano, offrono acqua, con
la medesima generosità, ai cittadini
lontani dalla propria abitazione ed
ai forestieri.
Nell’ambito
del Titolo VI "Servizi pubblici", si
propone poi l’inserimento di un nuovo
articolo, il 71 bis, denominato "Servizio
idrico".
Al comma
1, il servizio idrico integrato viene
dichiarato servizio pubblico locale
senza scopo di lucro. Tale specificazione
trova fondamento nell’opportunità di
sottrarre l’acqua in ogni caso, conformemente
alla normativa europea, ai meccanismi
legislativi che riguardino la messa
sul mercato dei servizi pubblici, come
l’articolo 23 bis della Legge 133/2008.
Sull’acqua non si specula: una gestione
virtuosa del servizio, da perseguire
con intransigenza e scelte oculate,
deve produrre esclusivamente benefici
economici per la comunità locale.
Al comma
2, viene esplicitata la principale e
logica conseguenza della scelta operata
al comma 1: si afferma la necessità
di una gestione unitaria e pubblica
del servizio idrico integrato e si conferma
la proprietà pubblica ed inalienabile
della rete di acquedotto.
Il terzo
comma, infine, muove da un concetto
cardine della proposta di legge popolare
nazionale: l’acqua potabile, per la
sua natura peculiare di bene essenziale
alla vita, deve differire dalle altre
forniture "a rete" come gas, energia
elettrica, telefonia. E' un atto di
civiltà riconoscere in concreto il diritto
all’acqua, nella Carta fondativa della
Città, assicurando gratuitamente un
quantitativo minimo vitale per ogni
cittadino - che l’OMS ha quantificato
in 50 litri per persona al giorno ["The
right to water", pubblicazione World
Health Organization, Francia, Febbraio
2003] - i cui costi siano a carico di
coloro che rientrano nelle fasce di
consumo più elevate e di chi ne fa usi
diversi da quello potabile. Proprio
la consapevolezza della gratuità di
un quantitativo che, per i livelli attuali
di consumo, è complessivamente modesto,
si ritiene possa indurre nei cittadini
una maggiore vocazione al risparmio.
Con le
presenti modifiche, infine, il Consiglio
impegna la Giunta ed il Sindaco a rendere
pienamente attuati i principi espressi,
mediante la proposta di modifica dei
regolamenti incompatibili e soprattutto
mediante la richiesta di scelte politiche
coerenti nell’assemblea dell’Ambito
Territoriale Ottimale ed in SMAT.
Alla luce
di quanto sopra esposto, il Presidente
del Consiglio Comunale, con lettera
in data 6 novembre 2009, n. prot. 15277,
ha trasmesso copia della proposta di
provvedimento con il quale si intende
approvare la deliberazione avente ad
oggetto: "Proprietà e gestione pubblica
del servizio idrico" per le motivazioni
espresse in narrativa.
Nell’ambito
delle competenze riservate dal Regolamento
del Decentramento, ai sensi degli artt.
43 e 44, è pertanto richiesto alla Circoscrizione
IV di esprimere il parere di competenza,
in merito alla proposta di deliberazione
in argomento.
La VI^
Commissione, competente per materia,
ha esaminato la proposta di deliberazione
avente ad oggetto "Proprietà e gestione
pubblica del servizio idrico" nella
seduta del 20 ottobre 2009.
Il Consiglio
Circoscrizionale nella seduta del 10
novembre 2009, ha adottato un ordine
del giorno nel quale:
- rilevato "che l’acqua
‘pubblica’ è possibile per legge nel
caso in cui le Amministrazioni decidano
di considerare il servizio ‘senza
scopo di lucro’"
- preso atto che dalla
succitata VI Commissione "è emersa
la condivisione delle finalità illustrate
dai referenti il ‘Comitato acqua pubblica
a Torino’ della proposta di iniziativa
popolare di deliberazione del Consiglio
Comunale avente come oggetto: ‘proprietà
e gestione pubblica del servizio idrico’",
per cui
il Consiglio Circoscrizionale, "condividendone
le finalità, auspica che la suddetta
proposta di deliberazione venga tempestivamente
iscritta all’ordine del giorno del Consiglio
Comunale ed inviata alle Circoscrizioni
per parere consultivo e possa infine
avere esito positivo in Consiglio Comunale"
Tutto
ciò premesso,
LA GIUNTA
CIRCOSCRIZIONALE
Visto
il Regolamento del Decentramento - approvato
con deliberazione del Consiglio Comunale
n. 133 (n. mecc. 1996 00980/49) del
13 maggio 1996 e n. 175 (mecc. n. 199604113/49)
del 27 giugno 1996 - il quale, fra l'altro,
all'art. 42 comma III, dispone in merito
alle "competenze delegate" attribuite
ai Consigli Circoscrizionali, cui appartiene
l'attività in oggetto;
Dato atto
che i pareri di cui all’art. 49, comma
1 del Testo Unico delle Leggi sull'Ordinamento
egli Enti Locali, approvato con D. Lgs.18
agosto 2000, n. 267 e 61 del succitato
Regolamento del Decentramento sono:
- favorevole sulla
regolarità tecnica;
- favorevole sulla
regolarità contabile;
- Viste le disposizioni
legislative sopra richiamate.
PROPONE
AL CONSIGLIO CIRCOSCRIZIONALE
- di esprimere parere
favorevole in merito alla proposta
di deliberazione avente ad oggetto
"Proprietà e gestione pubblica del
servizio idrico" che prevede i seguenti
punti:
- modifica dello Statuto
della Città nel seguente modo:
- all’articolo
2 - Finalità del Comune, comma 1, lettera
b), dopo le parole "alla tutela della
salute,"aggiungere le parole "all’acqua,";
- all’articolo
2 - Finalità del Comune, comma 1, aggiungere
alla fine il seguente punto:
"n) assicurare
il diritto universale all’acqua potabile
attraverso la garanzia dell'accesso
individuale e collettivo dei cittadini
alla risorsa.";
- dopo
l'articolo 71, aggiungere il seguente
articolo 71 bis:
"Articolo
71 bis - Servizio idrico
a) Per
tutti i fini previsti dalla legislazione
vigente, il servizio idrico integrato
è dichiarato servizio pubblico locale
senza scopo di lucro.
b) In
osservanza della legge, la proprietà
della rete di acquedotto e distribuzione
è pubblica e inalienabile; la gestione
della rete e l’erogazione del servizio
idrico, tra loro indivisibili, sono
attuate esclusivamente mediante enti
o aziende interamente pubblici.
c) Il
Comune assicura ai propri cittadini
la disponibilità domestica gratuita
di un quantitativo minimo vitale giornaliero
per persona.".
OMISSIS DELLA DISCUSSIONE
Il Consigliere
AN- Pdl Marrone chiede la votazione
per punti.
Risultano
assenti dall’aula al momento della votazione
i Consiglieri Cerrato, Maffei, Del Bianco,
Puglisi, per cui i Consiglieri presenti
in aula al momento del voto sono 18.
Punti 1); a); c).
VOTAZIONE PALESE
PRESENTI: 18
VOTANTI: 18
VOTI FAVOREVOLI: 18
Punto b)
VOTAZIONE PALESE
PRESENTI: 18
VOTANTI: 17
VOTI FAVOREVOLI: 16
VOTI CONTRARI: 1
ASTENUTI: 1 (Lavecchia)
Pertanto il Consiglio
DELIBERA
- modifica dello
Statuto della Città nel seguente
modo:
- all’articolo
2 - Finalità del Comune, comma 1, lettera
b), dopo le parole "alla tutela della
salute,"aggiungere le parole "all’acqua,";
- all’articolo
2 - Finalità del Comune, comma 1, aggiungere
alla fine il seguente punto:
"n) assicurare
il diritto universale all’acqua potabile
attraverso la garanzia dell'accesso
individuale e collettivo dei cittadini
alla risorsa.";
- dopo
l'articolo 71, aggiungere il seguente
articolo 71 bis:
"Articolo
71 bis - Servizio idrico
a) Per
tutti i fini previsti dalla legislazione
vigente, il servizio idrico integrato
è dichiarato servizio pubblico locale
senza scopo di lucro.
b) In
osservanza della legge, la proprietà
della rete di acquedotto e distribuzione
è pubblica e inalienabile; la gestione
della rete e l’erogazione del servizio
idrico, tra loro indivisibili, sono
attuate esclusivamente mediante enti
o aziende interamente pubblici.
c) Il
Comune assicura ai propri cittadini
la disponibilità domestica gratuita
di un quantitativo minimo vitale giornaliero
per persona.".
su archivio centrale http://www.comune.torino.it/delibere/2009/2009_08386.html
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