Interpreti:
Antonino Salerno, Cristian Barbato, Enrico Contenti, Enrico Lamendola, Francesco Varano, Fulvio Abbracciavento, Kutaiba Younis, Lucia Cervo,
Manuela Celestino, Marco Panetta, Nando Morelli
Sceneggiatura e Regia:
Antonino Salerno
con il patrocinio della Circoscrizione 3
Quel sabato le strade di Gaza erano affollate. Come tutti i sabato mattina, dopo il venerdì di festa. Fra gli stenti, riprendevano gli affanni quotidiani, costantemente alla ricerca di un lavoretto o di qualcosa da mettere sotto i denti, di una siringa o di una saponetta sfuggite alle strette maglie dell'embargo israeliano, di un sacco di cemento per chiudere la parete di casa squarciata dal missile. I bambini del primo turno stavano per uscire da scuola. Erano le 11,30 di sabato 27 dicembre 2008.
E' in quel preciso istante che scatta l'operazione militare israeliana Piombo Fuso. In tre settimane di fuoco dal cielo, dal mare e da terra l'esercito di Israele devasterà quel piccolo territorio su cui si affollano un milione e mezzo di persone, facendo più di 1400 vittime, in massima parte civili, donne, uomini, vecchi e bambini, tanti bambini: trecento. Il 3 aprile 2009, a due mesi e mezzo dalla fine dell'operazione, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite nomina una Missione d'inchiesta, incaricata di far luce su quanto accaduto. Nonostante il rifiuto a collaborare e l'ostracismo di Israele, nei quattro mesi a sua disposizione la Missione ha raccolto una vasta mole di materiale documentale, successivamente pubblicata nelle oltre 500 pagine del Rapporto, disponibile dal 2011 anche nella traduzione italiana per le edizioni Zambon.
Fra gli stenti, riprendevano gli affanni quotidiani, costantemente alla ricerca di un lavoretto o di qualcosa da mettere sotto i denti, di una siringa o di una saponetta sfuggite alle strette maglie dell'embargo israeliano, di un sacco di cemento per chiudere la parete di casa squarciata dal missile. I bambini del primo turno stavano per uscire da scuola. Erano le 11,30 di sabato 27 dicembre 2008.
E' in quel preciso istante che scatta l'operazione militare israeliana Piombo Fuso. In tre settimane di fuoco dal cielo, dal mare e da terra l'esercito di Israele devasterà quel piccolo territorio su cui si affollano un milione e mezzo di persone, facendo più di 1400 vittime, in massima parte civili, donne, uomini, vecchi e bambini, tanti bambini: trecento. Il 3 aprile 2009, a due mesi e mezzo dalla fine dell'operazione, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite nomina una Missione d'inchiesta, incaricata di far luce su quanto accaduto. Nonostante il rifiuto a collaborare e l'ostracismo di Israele, nei quattro mesi a sua disposizione la Missione ha raccolto una vasta mole di materiale documentale, successivamente pubblicata nelle oltre 500 pagine del Rapporto, disponibile dal 2011 anche nella traduzione italiana per le edizioni Zambon.
Il 3 aprile 2009, a due mesi e mezzo dalla fine dell'operazione, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite nomina una Missione d'inchiesta, incaricata di far luce su quanto accaduto. Nonostante il rifiuto a collaborare e l'ostracismo di Israele, nei quattro mesi a sua disposizione la Missione ha raccolto una vasta mole di materiale documentale, successivamente pubblicata nelle oltre 500 pagine del Rapporto, disponibile dal 2011 anche nella traduzione italiana per le edizioni Zambon.
L'Istruttoria è la drammatizzazione di quella relazione, meglio conosciuta come Rapporto Goldstone, dal nome del giudice ebreo sudafricano chiamato a presiedere la Missione d'inchiesta delle Nazioni Unite. Dei casi di "attacchi diretti contro civili con conseguenze letali", sui quali la Missione ha indagato, l'Istruttoria ne ha selezionati tre, che hanno fatto 24 vittime fra i membri della famiglia allargata degli al- Samouni, residente a Zeytoun, un piccolo villaggio agricolo alle porte di Gaza City. I testimoni interrogati nel corso della rappresentazione e gli altri personaggi palestinesi, riportano gli avvenimenti così come sono stati descritti nel rapporto. I fatti narrati dai soldati israeliani sono invece tratti da una raccolta di 54 testimonianze di reduci dell'operazione rilasciate alla ONG israeliana Breaking the Silence e pubblicate in un opuscolo dal titolo "Soldiers' Testimonies from Operation Cast Lead, Gaza, 2009".
è la drammatizzazione di quella relazione, meglio conosciuta come Rapporto Goldstone, dal nome del giudice ebreo sudafricano chiamato a presiedere la Missione d'inchiesta delle Nazioni Unite. Dei casi di "attacchi diretti contro civili con conseguenze letali", sui quali la Missione ha indagato, l'Istruttoria ne ha selezionati tre, che hanno fatto 24 vittime fra i membri della famiglia allargata degli al- Samouni, residente a Zeytoun, un piccolo villaggio agricolo alle porte di Gaza City. I testimoni interrogati nel corso della rappresentazione e gli altri personaggi palestinesi, riportano gli avvenimenti così come sono stati descritti nel rapporto. I fatti narrati dai soldati israeliani sono invece tratti da una raccolta di 54 testimonianze di reduci dell'operazione rilasciate alla ONG israeliana Breaking the Silence e pubblicate in un opuscolo dal titolo "Soldiers' Testimonies from Operation Cast Lead, Gaza, 2009".
Istruttoria ne ha selezionati tre, che hanno fatto 24 vittime fra i membri della famiglia allargata degli al- Samouni, residente a Zeytoun, un piccolo villaggio agricolo alle porte di Gaza City. I testimoni interrogati nel corso della rappresentazione e gli altri personaggi palestinesi, riportano gli avvenimenti così come sono stati descritti nel rapporto. I fatti narrati dai soldati israeliani sono invece tratti da una raccolta di 54 testimonianze di reduci dell'operazione rilasciate alla ONG israeliana Breaking the Silence e pubblicate in un opuscolo dal titolo "Soldiers' Testimonies from Operation Cast Lead, Gaza, 2009". Nel 2011, con un colpo di scena, il giudice sudafricano Goldstone, con una lettera al Washington Post sconfessa il rapporto da lui stesso redatto e sottoscritto solo due anni prima. In quei due anni Goldstone viene fatto oggetto di attacchi pesantissimi da parte di Israele e della comunità ebraica, particolarmente da quella sudafricana, cui il giudice appartiene e dalla quale viene emarginato. Viene avanzata contro di lui l'accusa più infamante per un ebreo, quella di farsi complice di chi vuole cancellare Israele dalla cartina geografica. Viene additato come antisemita inconsapevole, come portatore d'acqua del terrorismo. Alla fine Goldstone ritratta. Lui, un giudice della sua esperienza, che si è distinto come pubblico ministero del Tribunale Penale internazionale nei procedimenti contro i criminali di guerra della ex Jugoslavia e i genocidari del Rwanda, dice candidamente di essersi sbagliato, adducendo una motivazione che ha dell'incredibile.
Proprio in merito al più grave dei tre "incidenti" che hanno coinvolto la famiglia al-Samouni, quello che ha fatto ventuno vittime, Goldstone viene a sapere che il presunto colpevole, Israele, dichiara essersi trattato di un deplorevole errore e il giudice ritratta, con tante scuse. Ci voleva tanto? Era il caso di fare indagini, investirci tempo e denaro? Bastava chiedere.
Sul palco una scrivania, sulla scrivania un telefono. Ai lati le postazioni dei testimoni. Sullo sfondo scorrono delle immagini. Il tribunale può iniziare i suoi lavori.
Il giudice emetterà il suo verdetto? Le forze armate israeliane l'hanno già emesso: autoassoluzione per "inconsistenza delle accuse".