Storia
di Mirafiori |
C'era
una volta ... Mirafiori |
Testi
tratti da " I secoli di Mirafiori " di
M. Lupo Ed. Piemonte in Bancarella
1985
Mirafiori,
com'era nel 1896
La
Reggia di Miraflores
Fu
fatta costruire dal Duca Carlo
Emanuele I di Savoia: era il dono
che il Duca decise di fare alla
giovane moglie Caterina, figlia
del Re di Spagna Filippo II.
Miraflores avrebbe dovuto essere
un castello da favola ma quando
Caterina si stufò di soggiornarvi
molti lavori furono sospesi. Quanto
realizzato era comunque incantevole:
il parco si apriva tra boschi
popolati da ogni specie di uccelli,
in mezzo al giardino scorrevano
canali che confluivano in un piccolo
lago.
Il progetto intero non fu mai
realizzato; fu costruito solo
il corpo centrale del castello
mentre le due ali laterali non
furono mai edificate. La duchessa
Caterina amò Mirafiori
solo per pochi mesi dopo il matrimonio,
poi preferì altri luoghi
e vi tornò solo negli ultimi
anni di vita; Carlo Emanuele invece,
vi si recò spesso per piacere
e per incontri diplomatici.
Il 1636 fu l'ultimo anno di splendore
per Miraflores, qui si stabilì
Madama Reale Maria Cristina, sorella
del Re di Francia, che diede numerose
feste e si abbandonò a
molti amori.
L'estrema rovina avvenne nel 1706
durante l'assedio di Torino. Il
palazzo fu arso da un incendio
causato dai combattimenti; gran
parte dei marmi precipitarono
nel Sangone, deviato dal suo corso.Le
ultime vestigia piombarono nel
Sangone nel 1869 nel corso di
una piena.
|
Chiesa
della Visitazione di Maria
Vergine e di San Barnaba
La
fondazione della chiesa della "Visitazione
di Maria Vergine" e dell'annesso
convento (nel quale si stabiliscono
i monaci benedettini cistercensi)
avviene nel 1617 per iniziativa
del Duca di Savoia Vittorio Amedeo
I. La chiesa nasce come rustico
e prezioso esempio di stile barocco;
la faccata è in ammattonato
senza arricciatura.
La chiesa ha una pianta a croce
greca, composta da una navata centrale
e da due cappelle laterali; quella
alla destra dell'ingresso è
dedicata a San Bernardo, mentre
quella opposta, a sinistra di chi
entra è dedicata a San Barnaba.
Presso l'altare della cappella di
San Barnaba venne sepolta la contessa
di Mirafiori, Rosa Vercellana detta
la "Bela Rosin", il cui blasone
venne dipinto sul soffitto. La chiesa
venne eretta a parrocchia nel 1724.
Una scossa sismica durante il terremoto
del 30 gennaio 1980 fa crollare
il campanile della parrocchia della
"Visitazione" e sventra parte del
convento.
|
Mausoleo
della Bela Rosin
Rosa Vercellana nasce a Nizza
Marittima nel 1833, figlia di
un militare di carriera.Nel 1847
intercede per la liberazione del
proprio fratello (arrestato per
insubordinazione) presso il principe
ereditario Vittorio Emanuele:
il futuro Re d'Italia, benchè
già sposato, resta affascinato
da questa giovinetta già
ben sviluppata e tra i due nascerà
una relazione che sfiderà
critiche, etichetta e differenze
di casta.
Con regio decreto, nel 1859 Re
Vittorio Emanuele II concede alla
Bela Rosin il titolo di Contessa
di Mirafiori e Fontanafredda:
il motto del casato è DIO.PATRIA.FAMIGLIA.
Nel 1885 Rosina muore a
Pisa e le viene negato il diritto
di riposare al Pantheon di Agrippa
in Roma, in cui è già
tumulato Vittorio Emanuele II.
Per onorare la madre, costretta
da ragioni di stato e di casta
a dormire il sonno eterno lontano
dall'amato marito, i figli della
Bela Rosin decidono di innalzare
per lei un mausoleo che sia copia
fedele del suddetto Pantheon,
la cui costruzione termina
nel 1888.
Il piccolo Pantheon si trova in
un parco di circa 30.000 mq circondato
da un muro; entrandovi attraverso
un cancello di ferro battuto con
le insegne dei Conti di Mirafiori
sulla sommità, un viale
di alberi conduce al mausoleo
di stile rigorosamente classico.
Il monumento è a pianta
circolare di circa 16 metri di
diametro ed è alto altrettanto,
compresa la grande croce latina
che lo sormonta sopra la cupola
lastricata di rame. Una scalinata
di cinque gradini introduce all'androne,
adorno di 16 colonne alte 5 metri.
Otto di esse compongono il colonnato
della facciata , mentre le rimanenti,
disposte su due file retrostanti,
formano tre corte navate, due
delle quali terminano in due nicchie
in eterna attesa di statue, forse
di Rosina e di Vittorio.
|
Il
Borgo di Mirafiori, la sua gente,
il suo sviluppo
I
più antichi tetti di Mirafiori
sorgono alla fine del XVI secolo.
La carta topografica del
XVII secolo, segnala dirimpetto
ai poderi più antichi la
presenza di un nuovo filare di
case che fiancheggiano la via
centrale di Mirafiori.
L'abitato si è ingrandito
e intorno ai poderi sono nate
diverse case. Qualche tetto compare
già lungo il vialone diretto
a Stupinigi. Il centro della vita
sociale è la "piazza",
sita dove la strada centrale del
borgo incrocia un altro tratturo
pavimentato a ciotoli.
Il Cimitero
Nel 1867 il conte Balbo dona alla
comunità parrocchiale un
terreno prossimo al Sangone, dove
è possibile creare un cimitero
locale. Nel 1876 viene benedetto
il nuovo cimitero.
Botteghe
e Negozi
L'attività commerciale
del Borgo è antica come
le sue case. Il primo esercente
ricordato dalla storia di Mirafiori
è il panettiere morto di
peste nel 1599.
Il servizio postale vanta un proprio
centro di smistamento già
nei primi anni del XX secolo,
presso il negozio di commestibili
prossimo alla ferrovia, dove,
dal 1884, si ferma la vaporiera
della ferrovia che collega Torino
con Piobesi - via Mirafiori.
La prima farmacia viene aperta
nel 1954.
Il progresso del XX secolo importa
nel borgo le officine areonautiche.
La
Scuola
Lo sviluppo del borgo coincide con
una migliore istruzione. A Mirafiori
la scuola pubblica e gratuita non
esiste fino al 1849.
L'alfabetizzazzione delle genti
favorisce il loro impegno civile.
La
Crescita Urbanistica e Sociale
Dalla fine del XIX secolo l'attività
ippica e poi quella dell'industria
aeronautica e automobilistica determinano
la nascita di nuovi insediamenti
urbani in Mirafiori.
Nel secondo dopoguerra Mirafiori
diventa meta di gite "fuori
porta" dei torinesi, che
riscoprono i suoi prati e le spiagge
del Sangone.
Negli anni successivi il borgo antico
deve sacrificare i campi e i poderi
per lasciare spazio ai sopravvenuti
insediamenti edilizi.
La Circoscrizione "MirafioriSud"
impiegapiù di dieci anni
per rendere funzionale l'improvvisa
espansione del quartiere.
I tetti antichi sono ormai solo
un piccolo nucleo della realtà
locale, ma testimoniano una tradizione
indelebile.
|
Il
Castello del Drosso
Nessuna
cronaca tramanda l'anno di costruzione
dei primi fortilizi del Drosso.
E' certo che, per lungo tempo,
i tetti del Drosso non sono altro
che una "grangia" ben munita,
un podere di robuste mura, sorte
forse intorno alla corte quadrata
di una più antica ed ipotetica
villa romana.
Qui, verso il 1233, giungono i
monaci Benedettini Cistercensi
della già potente Abazia
di Staffarda; la loro operosità
crea prosperità e la loro
capacità imprenditoriale
porta al Drosso numerose attività,
quali la sartoria, la conceria,
la mascalcia, la calzoleria, il
mulino, il forno.
Al Drosso i monaci di Staffarda
continuano a curare l'ingrandimento
dei propri beni fino a quando,
dopo alterne vicende politiche
e, forse, anche a causa di continue
contese, il 21 maggio 1334 l'abate
di Staffarda vende la grangia
del Drosso e tutti i suoi beni
a tal Corrado di Gorzano.
La
struttura fortificata del Drosso
è quadrilatera, con robuste
torri, forse munite di merli a
rondine, ai quattro angoli. Unite
al castello vi sono 2 cascine;
una di esse, posta sul fianco
orientale, conserva ancora oggi
una torre di vedetta e presenta
alcune murature a lisca di pesce,
caratteristica del XIII secolo.
Alterne vicende fanno sì
che il castello venga frazionato
in quattro parti e condiviso fra
più proprietari (1496),
fino a quando, nel 1539, Guglielmo
Gromis di Trana ne acquista la
gran parte della proprietà.
Il castello smette di far parlare
di sè: diventa residenza
di campagna delle nobili famiglie
che frequentano la corte ducale
della vicina reggia di Miraflores,
la cui ricchezza fa trascurare
il Drosso, che viene così
risparmiato dalle guerre e dai
saccheggi che via via si succedono
al di là delle sue antiche
mura.
Carlo Gromis di Trana compera
nel secolo scorso i lotti che
ancora dividono la proprietà
del Drosso e restaura l'intero
castello; l'ultima pagina della
storia del feudo viene scritta
durante l'occupazione nazista,
quando il castello è costretto
ad ospitare il comando "Torino
Sud" dell'esercito tedesco.
|
|
|
|
|